
Giulio Bianchi nasce il 24-5-1840 da Giulio Cesare e Carlotta dei conti Besozzi ed orfano di entrambi già dal suo primo anno di vita viene affidato agli zii, proprietari del castello di Jerago. La sua vita giovanile trascorrerà tra Jerago e Milano. Nel borgo ebbe come amici di giochi e di infanzia due ragazzi che poi diverranno maestri nelle scuole elementari a Milano, Gallarate e Jerago: Carlo Cassani e Paolo Pagani. Gli impegni scolastici lo vedranno a Milano per gli studi elementari – Istituto Bognetti, cui seguiranno gli studi ginnasiali e liceali presso l’istituto Longone retto dai Padri Barnabiti. L’università lo vide studente a Pavia, dove conseguirà la laurea in giurisprudenza (per altra fonte conseguirà la laurea in Legge nella facoltà giuridica della Normale di Pisa – 8 marzo 1862), assolto il praticantato presso l’Ufficio dell’avvocato dei Poveri a Torino, conseguirà il diploma di abilitazione all’ esercizio della professione di avvocato. Nel 1864 la popolazione di Jerago lo elegge consigliere comunale, anche se possiamo ben capire il limite di una elezione dove l’elettorato attivo di una popolazione di 562 persone era limitato a soli 11 elettori. Per votare infatti era necessario essere titolari di un reddito tassato per almeno £ 19,80 e contemporaneamente in possesso di titolo di III elementare. Gli elettori aumenteranno solo nel 1882 quando l’elettorato attivo fu attribuito a coloro che disponevano di uno solo dei due elementi qualificanti: reddito o istruzione, quando si passò da n.1 elettore ogni 51 abitanti a 1 elettore ogni 14. Le cronache narrano che fosse di costituzione fragile, anche se il ritratto a penna di cui disponiamo eseguito verso i quarant’anni, non permette di valutare questo e lo raffigura come una persona di bell’aspetto di costituzione normale, comunque fosse, questo non gli impedì allo scoppiare della III guerra di indipendenza nel 1866 di prendervi parte come volontario nel Corpo dei Volontari Italiani ai comandi del Generale Giuseppe Garibaldi (volontari garibaldini) operativo sul fronte trentino contro l’Impero Austriaco. Giulio Bianchi indossò la divisa di garibaldino, (camicia rossa, pantaloni del Regio Esercito, fucile a canna liscia e avancarica calibro 18 con lunga baionetta a manicotto e ghiera – tiro teso 300 mt. Autentici pezzi di antiquariato anche per l’epoca); fu assegnato in qualità di soldato semplice alla compagnia di artiglieria del 44° battaglione della Guardia Nazionale Mobile per la Difesa del passo del Tonale e Stelvio, formato da 1200 uomini su 4 compagnie, al comando del Colonnello Enrico Guicciardi (nobile valtellinese), posizionati alle Strette di Sondalo (oggi le Prese) per la difesa della Valtellina dalle potenziali invasioni austriache. Di questa sua avventura militare non portò assolutamente vanto, in epoca nella quale molti avrebbero fatto carte false per dirsi garibaldino. Al termine di questa guerra si recò all’estero per completare la sua cultura, prevalentemente giuridica, con conoscenze tecniche ed agrarie che vorrà sperimentare anche a Jerago con la messa a vigna di numerose sue proprietà, specialmente in zona ronchetti e data le presenza geologica di terreni argillosi impiantando, lui che è un avvocato, una fornace per mattoni nella zona di Via Madonnina. Questo opificio andava a cavare le argille con decauville carrellini e rotaie fin sotto alle colline del bacino e del caverzasca (soppiantato, in epoca recente, solo dalla fornace Curioni grazie alla istallazione dei forni continui Hoffmann- al bozzone). Questa avventura industriale fu motivata dal suo desiderio di dar lavoro locale a chi altrimenti era costretto ad emigrare temporaneamente in Francia nel lionese (si veda al riguardo l’origine del culto della B.V. della Salette e della sua immagine sacra in via G. Bianchi) ed in sud America, prevalentemete a Montevideo, luogo di nascita di numerosi jeraghesi, nostri avi . La completa disponibilità personale e la sua appartenenza alla ricca borghesia milanese gli permise di dedicarsi a tempo pieno a quello che oggi diremmo il sociale: guidato dalla sua vicenda personale di orfano. Dopo aver raggiunto le più alte cariche pubbliche, potrà dedicarsi alla formazione della legislazione per l’infanzia abbandonata (commissioni parlamentari di studio per i blefotrofi e per gli istituti per sordo-muti ) avvalendosi della esperienza maturata, nei consigli di amministrazione delle pie opere dell’infanzia e la maternità di Milano e del Lodigiano. La sua passione per l’industria gli consentì di partecipare come componente della giuria che selezionava i migliori prodotti presentati nelle esposizioni tecniche agrarie: giurì nella esposizione agricola industriale varesina del 1871- pari ufficio in quella di Como del 1872- in quella di Monza del 1879- in quella nazionale di Milano del 1881 e di Lodi del 1882. Questo mostra un uomo molto attento alla diffusione pubblica delle conoscenze scientifiche, tramite l’insegnamento, nelle scuole agrarie e nelle scuole tecniche, di metodi atti ad aumentare le rese agricole dei suoli con conseguente miglioramento della vita degli agricoltori. Egli non trascurava, nel contempo, il potenziale industriale del comparto della bachicoltura e della industria cotoniera gallaratese alto milanese, per il quale si preoccuperà dello sviluppo delle infrastrutture ferroviarie, indispensabili alla prima industrializzazione. In ciò si distinguerà dal più noto conterraneo e contemporaneo Ercole Ferrario, anch’egli fautore del miglioramento agricolo, ma assai prudente verso la pretesa necessità di una industrializzazione locale. Ferrario temeva la scomparsa della famiglia patriarcale che, con la sua naturale funzione di mutualità, affrancava i suoi membri dalle avversità della vità. In sostanza, in una famiglia mononucleare: padre, madre e figli, tipica dell’industrializzazione, chi si sarebbe preso cura degli orfani, venuta meno la figura patriarcale del regiù e della maséra?
Giulio Bianchi, uomo di carattere mite e riflessivo ma nel contempo determinato, per le sue competenze e per il suo impegno profusi, acquisisce un’ottima reputazione pubblica La sua origine borghese da parte di padre, unita alla nobiltà di sangue della madre, certamente non guasta e gli fa guadagnare notevoli consensi politici nella destra storica. Con un cursus onorum di tale spessore, (borghese con ascendenze nobili, di ottimi studi superiori e universitari, garibaldino autentico e non di accatto) può avviarsi ad una attività pubblica che partendo da semplice sindaco di Jerago nel 1872 lo aveva già visto diventare nel 1871 consigliere provinciale di Milano per il mandamento di Gallarate . Con l’apertura dei lavori della linea del Gottardo, nel 1873, fu eletto presidente della commissione gallaratese voluta dal mandamento per studiare e promuovere i piu facili collegamenti tra Milano-Gallarate ed il Gottardo. Dobbiamo rilevare a tal fine che, mentre Milano poteva accedere al Gottardo da Lugano, il collegamento di Gallarate alla Novara-Gottardo, passante per Sesto Calende-Taino- Angera-Leggiuno-Laveno–Luino- Gottardo, aperta nel 1882 era previsto a Sesto Calende . La commissione gallaratese guidata dal nostro ottenne che il collegamento avvenisse a Laveno con il ramo diretto da Laveno a Gallarate – inaugurato nel 1884. Questa nuova linea ferroviaria, favorì lo sviluppo di zone industriali con stazioni a: Besnate, Mornago- Ternate-Varano Borghi-Travedona Biandronno-Besozzo-Sangiano-Laveno Mombello dove già operavano le Tessiture Milius, tessiture Borghi ed altre industrie (rinomate per le forniture militari-per divise e casermaggio già in epoca austriaca). Gallarate diverrà così importantissimo nodo ferroviario con le tre diramazioni: Varese- Porto Ceresio; Laveno-Luino- Gottardo, Sesto Calende in previsione della linea Domodossola Sempione inaugurata nel 1911. Quindi se oggi Gallarate è il centro ferroviario passeggeri e poi merci con Hupac, ciò dobbiamo anche all’impegno del nostro. Per questi meriti e per quell’impegno verrà eletto onorevole presso la regia camera dei deputati per il collegio di Gallarate nella xiv legislatura 16-5-1880, cui seguiranno, per il collegio di Busto, la XV-XVI-e XVII legislatura fino al 1892, quando viene nominato senatore del regno. Non dobbiamo dimenticare che la nomina senatoria era di competenza regia e quindi rappresentò il riconoscimento di una carriera, forse non eclatante dal punto di vista della veemenza oratoria degli interventi in aula, ma preziosa per la sua competenza giuridica nei lavori parlamentari, culminata con la sua nomina dall’11 marzo 1891 nella commissione composta per esaminare e riconoscere il contegno e gli atti di governo nella colonia Eritrea. Appartenenza che richiese il suo soggiorno in Africa. Dalla relazione senatoriale di tale missione si evince che al fine di arrivare a conclusioni certe e insindacabili sui fatti oggetto di indagime, questa non fu certo una vacanza, ma una immensa fatica, con marce e pernottamenti in luoghi impervi ed ostili. Fu a causa di questo che il nostro contrasse quella malattia debilitante che lo porterà a morte . Morì improvvisamente il 5-12-1898 a Roma, nell’albergo dove soggiornava per frequentare i lavori del Senato. La sua salma riposa nella Cappella Monumentale Bianchi a Jerago- Loc. San Rocco .
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