(Jerago 3/10/1991 – di Anselmo Carabelli)
Nel corso della conferenza indicata, tenuta per la parte storica da Carlo Mastorgio e dallo scrivente, e per la parte tecnico architettonica dall’Arch. Vassalli e dall’ing. Battaini, e’ stato rilevato, che l’avvenuto restauro del Campanile di San Giorgio, eseguito nel pieno rispetto dei canoni architettonici romanici, ha messo in evidenza una struttura millenaria, prima ignorata. Tale restauro ha portato un nuovo ed importante contributo alle ricerche sulla storia locale integrata nelle vicende di Arsago, Castelseprio e Sesto Calende. Il nostro territorio, sotto lo stimolo di questa scoperta, si e’ rilevato ricco di tracce sempre piu’ evidenti degli avvenimenti che hanno interessato la Storia nel suo più vasto divenire. La prima cristianizzazione delle nostre contrade. ad opera dei missionari di Ambrogio, si evidenzia anche nella possibile presenza di una cappellina paleocristiana inglobata poi dalla più grande chiesa successiva dedicata a San Giorgio. La dedicazione a San Giorgio, santo che per la sua figura di guerriero e’ particolarmente legato alla gente longobarda ed alle tradizione bellicose di questo popolo, rivela la presenza di una comunità longobarda territorialmente coinvolta con le vicende del Seprio. Si tratta di una comunità socialmente ed economicamente ben strutturata, tanto da consentire nell’anno 976 a due suoi membri di censo elevato, Ato e Teudalberto di fare da testimoni a permute di terreni nel Seprio [Mastorgio].
Intorno all’anno mille le persone cominciano a muoversi in pellegrinaggio verso i luoghi Santi di Gerusalemme, di Roma e di Santiago di Compostella (ricordiamo che Santiago e’ il nostro San Giacomo). La grande diffusioni di Abbazie Benedettine e Cluniacensi in tutta Europa facilita con la ospitalità propria di tali ordini, i pellegrini. Le Alpi poi con la costruzione di vari ospizi San Bernardo, Monginevro, diventano un logo di grande passaggio.
L’anno mille e’ poi il primo millenario della nascita di Cristo e tutte le comunità religiose tendono a solennizzare tangibilmente questa irripetibile ricorrenza. Nasce allora il cosiddetto campanilismo, inteso come accesa rivalità fra comunità limitrofe, un campanile o una chiesa nuova possono dunque ben celebrare l’evento millenario e far morire di invidia i vicini. Di questa tensione rimangono, ora, solo poche tracce e fortunatamente la parte romanica del campanile di San Giorgio e’ una di queste.
Lo stile romanico e’ poi una caratteristica architettonica peculiare di quel tempo, in tutta Europa e la culla di tale stile fu proprio la Lombardia. Fu proprio Guglielmo da Volpiano, abate e architetto di San Benigno di Digione, divenuto verso il 1040 rettore di ben quaranta monasteri in Europa a diffondere il romanico avvalendosi esclusivamente di maestranze lombarde, fra le quali si distinsero gli Anterami dalla Val d’Intelvi. Era consuetudine di tali maestranze che migravano fino in Norvegia, in Normandia in Borgogna, ritrovarsi annualmente in Val d‘Intelvi in occasione di mostre specifiche, per scambiarsi e accomunare le esperienze maturate nei più diversi luoghi di lavoro. Quindi il campanile di San Giorgio altro non e’ che una traccia estremamente ben conservata e restaurata, di questo crescere della umanità del mille illuminata dalla fede cristiana.
Nel corso del restauro si e’ ben posta in evidenza un’altra particolarita’ del romanico. il cromatismo.
In una nota dell’ing. Aldo Castellano, docente al Politecnico di Milano e dell’Arch.Vittorio Mira Bonomi, espressa nella conferenza tenuta il 9/11/91 presso la Societa’ di Studi Patri di Gallarate, si evidenziava la stupenda ricerca del colore nelle costruzioni religiose romaniche. La tendenza dei restauri conservativi ha purtroppo ignorato tale cromatismo facendo prevalere il grigiore della pietra.
Bene, se noi osserviamo il nostro campanile, sotto le diverse illuminazioni diurne, vediamo chiaramente una grande varieta’ nelle tonalita’ dei grigi e degli azzurri dello gneiss granitico, uniti al tenue rosa delle pietre di risulta, in uno stupendo contrasto con il rosso del cotto. Il restauratore, Architetto Vassalli ha quindi saputo cogliere pienamente il messaggio cromatico di quel primo progettista che abbiamo visto appartenere alla grande famiglia dei Maestri Comacini.