Giovedì 2 luglio 1570 a.m. San Carlo visita la parrocchia di San Giorgio in Jerago

(relazione di Aloisius de Brusatoribus, cronista dell’epoca,  ritrovata, riletta e commentata da Anselmo Carabelli)

In una giornata che si annuncia stupenda già dalle prime luci dell’alba, dove la via Helvetica incrocia la via Novaria, quasi tutta la popolazione di Jerago attende il suo Cardinale, è un uomo giovane, di soli 32 anni e da 7  Vescovo a Milano, deciso e sicuro, lo si vede da come governa  la sua cavalcatura.  E’ il primo Cardinale che visita il  paese  ed entrerà  nella chiesa di San Giorgio. Chi si è fermato sulle propaggini della collina, alla verta intravede già il  corteo dei parrocchiani di San Maurizio che lo  accompagna fin sui confini di Solbiate. Lì il Cardinale si ferma per un congedo da loro e per rendere  omaggio al Santo Crocifisso ed a Maria Regina, affrescati nel cortile interno del   Molinello.

La salita per la via dello streccione, che in estate  affatica i contadini di ritorno dalla  verta, i campi più fertili del paese, appare oggi agevole, vuoi per il provvidenziale  temporale  serotino che ha provveduto a spazzare l’afa di queste giornate di luglio, vuoi per  l’onore di fare  compagnia al Cardinale Carlo, che già ha fama di persona dalle rare virtù cristiane.  Ad attenderlo, in forma ufficiale, con croce astile portata dal chierico in cotta,  sul limite amministrativo del paese, alla fradiga è il parroco don Camillo Giussani, giovane sacerdote di 32 anni  coetaneo del Cardinale, da due anni titolare di San Giorgio, dopo un periodo di reggenza quale viceparroco. Prima  di diventare sacerdote, il nostro don Camillo era stato maestro di scuola a Gallarate, quindi uomo di lettere, orgoglioso del suo  Ambrosii Callepini dictionarium, dizionario di latino, che faceva bella mostra tra i suoi volumi, di buone letture e sicuramente in linea con  quella formazione e disciplina e fedeltà alla chiesa che il Cardinale auspica e pretende dai suoi parroci e da tutti i sacerdoti della diocesi. Nella accogliente chiesa di San Giorgio,  sufficientemente grande per i suoi 128 abitanti sono presenti tutti, assente giustificata la sola Isabella Gossoni moglie di Tullio, perché attende un bambino, che vedrà la luce il prossimo agosto, lo battezzeranno col nome di Giovanni Ambrogio, anche se veramente i genitori vorrebbero chiamarlo Carlo, ma si sa, i nonni ci tengono al loro nome. 

Dal campanile imponente, quello che i nostri vicini tanto invidiano per la sua bellezza ed arditezza,  le due grosse campane diffondono  incessantemente a distesa le loro note, che si uniscono a quelle dei campanili delle chiese di Orago, di Premezzo, di Albizzate e di Besnate, in un tripudio di suoni che annuncia qualcosa di veramente grande.

Nella sua predica il Cardinale invita il parroco ad ampliare la cappella dell’altare maggiore,  perché si possa costruire il coro, rispettando gli affreschi che ornano il catino  absidale. Esso dovrà diventare il luogo elettivo per la continua formazione del parroco, dove il clero dovrà dedicarsi alla lettura del breviario ed alla meditazione, affinando la propria spiritualità, lontano dalle tentazioni e dagli usi  mondani. Se possibile si eriga un altare dignitoso alla Santa Vergine perchè quello che si dice altare altro non è che un affresco dipinto sul fondo della chiesa. Auspica che tutti gli abitanti del vicus edifichino l’oratorio di San Rocco, perché non succeda, come è successo, che i sassi e le pietre già accumulate per questo scopo, vengano usate da privati  e, prese in prestito, non vengano poi restituite. Richiama tutti a non usare in proprio i beni di pertinenza della parrocchia.  Un elogio al parroco il quale diligentemente ogni domenica tiene la dottrina cristiana agli uomini ed alle donne. La confraternita del Santissimo Sacramento fin da ora e con regole stampate, viene eretta in scuola del Corpus Domini, cui si incorpora la scuola di San Giacomo con i suoi emolumenti. In considerazione della riconosciuta qualità di maestro di scuola, “il curato veda i giorni feriali di insegnare ai poveri putti legger et la dottrina cristiana. 

Dopo questi inviti il Cardinale ricorda quali siano i doveri per ogni fedele di Cristo, con parole semplici, intelligibili per tutti i presenti,  che ad esclusione dei parroci dei dintorni e dei titolari del Castello, non dovevano avere molta dimestichezza con dotte disquisizioni. Costante Il riferimento alla Eucaristia ed alla adorazione  del Santissimo Sacramento, per il quale appunto viene istituita la confraternita e le sante quarantore.  Ma  da quelle parole, annota il nostro cronista, appariva tutta la santità dell’uomo  che “Di famiglia ricca e potente, fu capace di operare un distacco netto dagli stili di vita caratteristici della sua dignità mondana e dedicare tutto sé stesso al servizio di Dio e della Chiesa”.  Qui Aloisius de Brusatoribus, nostro relatore si scusa, la sua penna non riuscirà a riportare degnamente tutte quelle parole, che comunque rimarranno sempre e indelebilmente nel suo cuore. Alla fine della S Messa solenne il Santo Cardinale impartisce la benedizione e si congeda. Lo attende un colloquio in casa parrocchiale col Parroco, i Parroci dei dintorni, i rappresentanti del Comune di Jerago, i titolari del Castello , i rappresentanti della Scuola di San Giacomo e del Santissimo Sacramento

Si è fatto mezzogiorno,  in tempo per una cena frugale in parrocchia, preparata con amorevole cura dalla mamma del parroco don Giussani, la quale per molto tempo racconterà, con rammarico, di non aver potuto preparare per quel Sant’uomo  altro  che un brodo di pollo con pane misto, verdure cotte condite con olio di olive nostrane e pollo lesso, quelle erano state infatti le disposizioni per la cena date dal segretario del Cardinale. Nel primo pomeriggio il Cardinale Carlo, lasciata Jerago, accompagnato ancora da tutti i parrocchiani fino al molino Scalone di Orago,   si reca a visitare la chiesa di Santo Stefano in Oggiona.  

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