Sintesi di un viaggio verso i santuari mariani ed alcuni luoghi sacri della cristianità europea: Lourdes, Santiago, Fatima, Częstochowa- di quattro jeraghesi

nel racconto di Anselmo Carabelli 

Dopo due anni abbiamo concluso quella che ritenevamo una piccola sfida: visitare in autonomia i luoghi santi del cristianesimo raggiungendoli con un viaggio in auto che ci permettesse di cogliere, seppur limitatamente alla premura, quelle sfumature di vita sociale, religiosa, con le note di colore che sono consentite ancora a chi viaggi alla ventura. Queste osservazioni, lungi dal  voler rappresentare un diario, vogliono cogliere alcuni dei momenti significativi che si affacciano alla memoria di chi scrive. 

Come dimenticare  suor Angela di Fatima che si offrì, dopo averci accolto nella foresteria del suo ordine, di accompagnarci l’indomani ad una visita alle case dei veggenti: Lucia, Giacinto, e Francesca. Abbiamo così colto l’opportunità, forse unica, di conoscere la vicenda di una suora, nata in Ispania,  che ha vissuto l’inizio della  sua vocazione  in una nazione nel pieno di una guerra civile, dove l’uomo, come sempre in simili frangenti, seppe esprimere il peggio di sé lasciando ampie ed indelebili sofferenze nei piccoli, spettatori involontari e innocenti di inenarrabili sofferenze e brutalità. Tanto atroci che Suor Angela attribuiva proprio a quegli anni molte delle sofferenze fisiche che visivamente si apprezzavano nella sua persona.  E la vedevi veramente ed intensamente preoccupata di quello che il mondo stava nuovamente vivendo, la guerra in Irak. Capivi così,  dal suo invito alla preghiera, in quell’orto degli ulivi nel luogo dove si contemplava il simulacro dell’angelo che comunica ai veggenti e dai commenti di quella suora, come i segni e i messaggi che la Madonna di Fatima aveva loro affidato fossero ancora vivi, presenti ed attuali. Sicuramente questi segni di relazione fra immanente e trascendente, tra umano e divino potevamo, proprio in quei luoghi, apprezzare più intensamente o ignorare, ma suor Angela stessa, in tutta umiltà ci diceva che ciò era rimesso alla nostra piena  libertà. Così, quasi senza rendercene conto, abbiamo percorso assieme  l’itinerario della via Crucis che si dipana in un  verdissimo campo di ulivi e sfocia nelle piccole case dei veggenti,  semplici e linde, dove  la memoria è custodita ancora dai parenti che spontaneamente si aprono al racconto. Vedo quel nipote che, scoprendoci italiani, rammenta la sua esperienza di emigrante in Canada, resa meno faticosa dalla solidarietà di nostri connazionali colà residenti. Il caldo soffocante di quella giornata, venne  lenito anche da un bicchiere di acqua  attinta dal pozzo del giardino e offertaci da un’altra cugina vivente, piccola e graziosa, tutta vestita di nero, come dovevano essere le nostre nonne agli albori del secolo scorso. Osservandola, così minuta, fu come rivedere in lei mia bisnonna Filomena,  che io avevo  conosciuto solo  in una foto, ormai persa,  seduta in un campo di granturco, mentre sfogliava le pannocchie.  E l’acqua che quella signora naturalmente e amichevolmente ci porgeva era come se mi fosse stata offerta dalla mia bisnonna stessa.  Fatima ci accoglieva pellegrini e turisti in quel santuario maestoso, ma sicuramente assai semplice se raffrontato alla bellezza degli altri santuari che conoscevamo o che avremmo conosciuto, ma con una presenza stupefacente di pellegrini provenienti dell’esteuropeo, sloveni, polacchi, ungheresi dei quali non potevamo che ammirare la grande fede che li spingeva a percorrere in ginocchio il lungo percorso che univa i cancelli del santuario attraversando l’immensa piazza fino alla grotta della Madonna. Pellegrini che l’anno seguente avremmo ritrovati motivati da uguale fede a Częstochowa, a Cracovia a pregare in ginocchio per tutto il tempo del  rosario la loro Madonna nera, in una chiesa assolutamente libera da panche e da sedie. Luoghi di preghiera che anni di ateismo scientifico non avevano potuto estirpare, così come non si può cancellare dall’Europa, per chi la visiti, il segno di una forte ed unificante presenza del cristianesimo, espressa dai simboli cristiani che in tutti gli stati, in ogni città ed in ogni piccolo paese la benedicono e che forse sfugge solo a quei politici che pensano che tutto ciò sia del tutto casuale e non degno di una citazione nella costituzione. E’ solo polemica chiedersi come si possa affidare il nostro futuro a chi per ignoranza od opportunismo non vuole riconoscere il nostro passato?  Forse sono solo segni, ma non ci è sfuggito come a Budapest una grandecroce in legno abbia riconquistato il luogo che fu di  una Chiesa cristiana che era stata abbattuta per far posto ad una statua di Lenin e ad una via nata per i fasti e le sfilate di regime. Ora la via è stata trasformata in parcheggio e dove c’era  la statua di Lenin gli ungheresi hanno messo una  croce, vorrà pur dir qualcosa ciò. 

Ma se immensamente cristiana ci si presenta la Polonia, assai diversa ci appare la Cechia. Lì il cristianesimo ci sembra vivere una fase altamente spirituale in monasteri bellissimi, quali il Santuario di Loreto a Praga; in chiese stupende, che sono l’espressione di una cristianità tenuta per troppo tempo ai margini. Cristianità rispettata e conservata mirabilmente forse solo per le alte espressioni artistiche,  da una società fortemente secolarizzata. Così come forse troppo semplicisticamente possiamo dedurre anche dalla totale mancanza di simboli od immagini sacre nei quartieri periferici  e nelle case dove siamo stati ospiti. Una visita a piazza San Venceslao ci conferma in questa impressione. Per chi, come noi, imparò a conoscere la Cecoslavacchia e l’orgoglio di quella nazione dai fatti della famosa primavera, era naturale la  curiosità per come i praghesi oggi liberi, avessero ricordato  Jan Palac che sacrificò  la sua vita proprio là su quella piazza, quando i sovietici soffocarono coi carri armati i sogni di libertà di un popolo amico. Niente lo ricorda se non una piccola aiuola, oserei dire volutamente maltenuta  e una foto incisa sul marmo di una modesta lapide cimiteriale e neanche una piccola croce. E come non ribellarsi al vedere quel luogo profanato dalla prossimità di una grande scultura pornografica, forse provvisoria, che reclamizzava una mostra di scultura contemporanea? Citando  Dante, all’epoca si disse  di Palachlibertà va cercando, ch’è si cara- come ben sa chi per lei vita rifiuta” . Forse quella  libertà agognata e finalmente raggiunta, così velocemente si era già trasformata in licenza, se un popolo non si era accorto di quell’accostamento tanto dissacrante e osceno. Ma una suorina giovane, cui ci eravamo rivolti per conoscere l’ubicazione della chiesa del Bambin Gesù di Praga, e tante altre monache e giovani religiosi che notammo nelle strade del centro veramente ci riempirono di gioia. Come altrettanto bello fu sfogliare nell’atrio della chiesa del castello di Mala Strana, (la parte alta e nobile di Praga)  un loro foglio parrocchiale e trovare una bella immagine del santuario di Fatima accostata ad una foto di Conrad Adenauer. Noi della lingua ceca capivamo nulla, ma i simboli erano chiari e in parte li riconoscevamo anche noi. Adenauer, gran cancelliere della repubblica di Bonn, che al pari del nostro De Gasperi, fu uomo capace di sollevare da anni di vergogna e miserie la propria nazione, intuì tra i primi l’importanza dell’unità europea, anche per quei popoli che allora si dicevano oltre la cortina di ferro. (Proprio nei giorni della nostra visita queste nazioni aderivano alla EU).  Adenauer in segno di riconoscenza veniva dunque accostato a Fatima, intesa come luogo privilegiato delle rivelazioni mariane, che tanto diedero speranza, al di là di ogni ragionevole attesa,  ai popoli d’oltre cortina, sino a suscitare un Papa proprio tra di loro, quando ancora nessuno poteva immaginarsi ciò che sarebbe successo. Quel foglio parrocchiale praghese e quelle foto oggi ci rammentavano, quanto suor Angela di Fatima, ci aveva detto: la Provvidenza divina, sa riconoscere  ed esaudire le preghiere di un  popolo. Ed allora diventa chiara ai nostri occhi Lourdes, dove tutti i cattolici si ritrovano liberamente per pregare la Madonna e si sentono partecipi di una comunità in preghiera, senza limiti di lingua o nazione, dove è spontaneo  pregare vicino al giapponese, al sudamericano, ai cristiani di ogni parte del mondo. In tutti potevi intuire la gioia spontanea per quella appartenenza cristiana. La prima volta che mi ero recato a Lourdes, non avevo colto questi segni, ora sapevo che, a distanza di anni, con l’aiutodella Madonna, avevo potuto  con grande fatica meditare l’insegnamento di quanti ci hanno preceduto, per i quali la fede cristiana era alla base della vita.   

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