Relazione della visita del Cardinale Federico Borromeo nell’anno 1620.
Il testo conservato presso l’archivio di Santa Maria Assunta in Gallarate, composto da 21 pagine redatte in latino – è tradotto e commentato da Anselmo Carabelli.
Premessa:
il documento oggetto della presente esposizione, rappresenta la descrizione più completa fino ad oggi rinvenuta della Chiesa di San Giorgio. E’ sfuggito anche alle pur meticolose ricerche di Eugenio Cazzani ed offre una dettagliata descrizione della vecchia chiesa di San Giorgio e delle suppellettili liturgiche rilevabili nel 1620. La chiesa originata in epoca romanica, rimase tale forse fin verso il 1650 fu modificata con successivi allargamenti e ristrutturazioni. Gli ampliamenti avevano di fatto impedito, prima degli ultimi interventi 1990-99, di riconoscere la romanicità del nostro monumento, cioè la sua origine verso il X sec. . A questo testo siamo potuti arrivare, mossi dalla certezza di trovare anche in un supporto cartaceo una descrizione il più vicino possibile a quanto l’osservazione sul campo ci offriva.
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Titolo del documento “ Sulla chiesa del luogo di Jerago dedicata a San Giorgio della Pieve di Gallarate”
Del Battistero: [1]
Il Battistero, sufficientemente elegante di marmo vario locale[2], è posto sopra una colonnetta lapidea del medesimo materiale, molto grande e circolare la cui apertura è coperta da una porticina di legno non nobilitato da alcuna lamina. Il ciborio di legno di noce è fatto a modo di pinnacolo e quanto[3]non è contenuto dal ciborio è di nuovo coperto da un drappeggio di tela di San Gallo bianca e vaporosa come nuvola. Lo stesso Battistero è posto in una Cappella decorosa, costruita dove deve essere costruita, il cui pavimento è cementizio, tutte le pareti sono dipinte e vi si osserva il Battesimo di Nostro Signore. La copertura ad arco è quadrata[4], decorata con le immagini di quattro angeli.[5]Ad essa si scende tramite due gradini di sasso dal pavimento della chiesa, e nel gradino superiore sono incardinati i cancelli lignei che la chiudono. E’ dotata di una finestra che guarda ad occidente, dotata delle protezioni richieste. La nicchia per l’olio sacro è sita nel suo giusto luogo ma deve essere dotata di chiusura con chiave.
Pag. n.2 : I vasi dei sacri crismi e le vesti per i catecumeni, cosi come il vaso dell’olio per gli infermi, sono però conservati in un armadio della sacrestia, fino a quando un apposito vano a finestrella nel lato dell’ Evangelo della Cappella maggiore, già costruito non sia dotato di chiavi e della richiesta tendina [6]
Dell’Altare Maggiore:
Questa chiesa ha tre altari, dei quali è chiamato maggiore, quello che si presenta tale per il modo col quale è stato costruito, ma non per la sua consacrazione, ha infatti una mensa lignea sovrapposta ad un altare portatile appositamente inserito. E’ ornato delle tovaglie richieste, sei candelabri e una croce di ottone anche troppo piccola posta sopra al tabernacolo dotato delle sicurezze richieste e circondato da immagini di angeli scolpiti e dorati posti su due piani di legno dorato e decorato con pitture.
Pag .n.3
Questo altare dista dalla parete che gli sta dietro sei cubiti[7]e anche di più, di modo che vi rimanga uno spazio sufficiente per il coro. Esso è posto in una cappella quadrata che guarda ad oriente, sufficientemente ampia, il cui pavimento è decentemente composto di opera cementizia, le pareti tutte sono decorate con le immagini di diversi Santi e l’arco [8]offre nel centro l’immagine di Dio Padre e ai suoi lati quattro Evangelisti[9], presenta pure una porta sul lato dell’evangelo [10]attraverso la quale si accede alla sacrestia, ancora una finestra ampia e quadrata che guarda a meridione dotata delle protezioni richieste[11].
Nel muro dal lato dell’Evangelo è ricavata una finestrella dove conservare l’olio degli infermi , che deve essere dotata delle sicurezze richieste [12].
Si accede alla cappella dell’altare maggiore, venendo dal piano della chiesa tramite un solo gradino lapideo ed all’altare tramite due gradini di legno sui quali esso stesso è posto. Tutto intorno nel coro e nella cappella dell’altare maggiore sono messi degli scranni per la recita dell’ufficio divino.
Sul retro del predetto altare, in una nicchia, pure dotata dei requisiti richiesti è posto l’olio lampante per la lampada votiva e la cassetta che custodisce le elemosine .
La parte anteriore della cappella è chiusa da cancelli di ferro con borchie di ottone.
L’arco della cappella, tutto dipinto, alla sua imposta è attraversato da una trave di legno dritta che non fa la minima flessione [13]al cui centro è fissata la croce con l’immagine di Cristo Signore.
A questo altare non è applicato alcun onere che non sia a carico della parrocchia.
Sulla chiesa di San Giorgio in Jerago (2°- segue dal numero precedente, traduzione dall’originale, effettuata da Anselmo Carabelli. Con indicazione omissis si segnalano periodi di difficile interpretazione per ammaloramento del testo o per difficoltà di interpretazione, dei quali virgolettato si indica il presumibile senso)
Dell’altare e della Cappella di San Carlo
Questo altare segue, dalla parte dell’evangelo rispetto all’altare maggiore[14], guarda ad aquilone[15]e ne ha la forma [16]ma non è consacrato, mancando i requisiti indispensabili prescritti con la lapide consacrata.
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Ornato dai drappi propri, con due candelabri, senza croce, posti su un gradino in cemento nascosto da un drappo assolutamente poco decoroso. Ha una nicchia nella parte posteriore. (Omissis. Traducendo a senso si evince che: “la distanza tra il retro dell’altare e la parete sia così ridotta da obbligare il sacerdote a vestirsi in sacrestia. In Sacrestia si conserva pure il quadro con l’immagine dipinta di San Carlo in abiti sacerdotali: pianeta e manipolo, tra due angeli, esso è così imponente da non trovare posto nella nicchia ”)[17]). L’altare è posto presso la parete posteriore di una cappella quadrata, con pavimento cementizio, con le pareti dipinte che presentano sul lato dell’evangelo la natività della beatissima vergine Maria e sul lato dell’epistola l’adorazione dei Magi. Verso l’aula è dotato di arco[18]ornato da moltissimi angeli dipinti, che sostengono l’insegna dell’umiltà a cartiglio. Sovrapposta all’arco sono poi state dipinte le insegne della nobilissima famiglia Borromeo, dall’arco pende una lampada racchiusa in un elaborato sostegno di ottone che ogni sabato e feste comandate è acceso con olio misto raccolto per elemosina tra i fedeli (Cristi fidelibus). E separato dall’aula con cancelli lignei. Non vi è alcun onere , ma rimane a discrezione del parroco e dei celebranti.
Sulla Chiesa di san Giorgio in Jerago ( 3° segue dai numeri precedenti- Note e traduzione dal testo originale di Anselmo Carabelli)
Sui legati[19]e sugli anniversari che di volta in volta si celebrano in questa chiesa perché obbligati per disposizione testamentaria e sugli altri anniversari imposti da obblighi assunti come di seguito si specificherà.
–Legato per la celebrazione di quattro messe ogni anno come risulta dall’apposito Istromento di tale Geronimo de’ Crassi figlio di Antonio, che lascia un appezzamento di terra aratoria nel territorio dello stesso luogo di Jerago in località al maiolo della superficie di circa una pertica[20], al cui onere provvede il Curato, come risulta dal testamento rogato dal Reverendo Parroco Francesco Palavicino nell’anno 1525[21].
- Legato lasciato da tale Jacomo dei Luitti che lega un appezzamento di campo arativo di suo possesso nella località al baciolo e la vigna sempre del detto testatore, con l’onere di far celebrare otto messe in questa parrocchiale dal Curato a carico di Appolonia moglie di Pietro de Octobilli e dei sui eredi testamentari con la condizione che, qualora gli obbligati cessassero dalla prestazione, il curato celebrando ugualmente le otto messe diventerebbe possessore di quei beni legati come precedentemente detto, ciò risulta dal testamento rogato dal sopraddetto Parroco Francesco Palavicino in data 3 aprile 1525 e per quanto ci risulta non è mai stato soddisfatto.
- Altro legato rilasciato dallo stesso Jacomo col quale lascia a favore della Comunità di Jerago[22] un pezzo di terra detto alla Piacera , con l’obbligo che il Comune e gli uomini benestanti distribuiscano ai poveri del luogo uno staio[23]di una mistura in parti uguali di miglio e di segale[24]e qualora il legato non fosse ottemperato, i beni del presente siano dispersi vendendoli.
- Altro legato rilasciato dallo stesso Jacomo col quale si lasciano alcuni appezzamenti di terra destinati a varie coltivazioni, ubicati nello stesso territorio in località detta ad Arnavaria, a favore del Comune del luogo di Jerago, con l’obbligo di far celebrare due messe per l’anima del testatore. Obbligo che non è soddisfatto.
- Parimenti esiste un legato per la celebrazione perpetua e annuale di una messa con la partecipazione di cinque sacerdoti, legato lasciato da tale Ambrosio dei Machi, alla cui prestazione è tenuto Gregorio fratello ed erede del testatore che per effetto di ciò ogni anno al tempo debito scioglie l’obbligo con cinque libbre, come risulta dal testamento raccolto dal Domino Jacobo de Brusadoribus de Ferno[25]l’anno 1607.
- Altro legato per la celebrazione annuale di quattro messe rilasciato da Giorgio dei Brandi, alla cui prestazione sono tenuti Andrea e Battista Dei Brandi che sciolgono il legato con ventiquattro libbre cadauno, come risulta dal testamento raccolto dal Notario Theodoro Mantegatiam con abitazione in Solbiate supra l’Arno nell’anno 1620.
Sullo stato di conservazione della chiesa nell’anno 1620
Questa chiesa, della cui consacrazione si ignora completamente la data, poiché non vi è alcun pubblico documento e il curato stesso non ne conosce la data, consta di una unica navata, che guarda ad oriente ed è sufficiente a contenere tutta la popolazione, ha il pavimento rotto in qualche zona, ha le pareti tutte dipinte con le immagini di vari santi, la copertura (cielum) elegantemente soffittata a riquadri (laqueatum) è ornata da pittura di vari colori. La chiesa ha una porta sul frontespizio ben salda e munita dei requisiti richiesti. Ha due porte sulle pareti laterali entrambe in prossimità dell’arco dell’altare maggiore, dotate dei requisiti richiesti, di queste una sul lato sinistro (evangelis parte) per accedere alla torre del campanile Turrim campanilem[26], l’altra nella parte destra (parte evangelis) per l’accesso alla casa parrocchiale. I vasi sacri sono di marmo variegato e ben fatti, posti dove debbono essere. Presenta due finestre sulla facciata e una sulla parte meridionale dotate dei requisiti richiesti. Confessionale unico presso la porta della torre del campanile (turris campanilis)[27], il quale però deve essere dotato delle tabelle richieste. Quattro sepolcri del tipo a pavimento coperti da lapide (ad formam contecta).
Nella chiesa non vi sono scranni per uso della scuola della dottrina cristiana.
La cassetta delle elemosine è esposta sopra il cancello ligneo della Cappella della beatissima Vergine Maria, è a favore della Scuola del Santissimo Sacramento e della fabbrica .
Un atrio ed un cimitero stanno davanti al frontespizio, questa costruzione è stata fatta da poco ed il suo recinto è chiuso. Nel frontespizio sopra la porta non vi è alcuna immagine dipinta del Santo e tanto meno è indicato il nome del Santo cui è dedicata. La Torre delle campane è eretta presso l’arco della Cappella maggiore e guarda ad aquilone (nord) , su di essa sono installate (appense sunt) due campane, delle quali si ignora l’anno di consacrazione.
Della Sacrestia
La sacrestia, è a fianco della cappella maggiore e dalla parte dell’evangelo, sufficientemente grande, con un pavimento decoroso, pareti e copertura ad arco sono a vista, con una finestra che guarda ad oriente chiusa da tela cerata e ferrata. Ha un lavabo e manca di formulario. In sacrestia vi è un armadio elegante e vi sono tabelle in noce dove sono elencati i precetti ecclesiastici.
Della casa parrocchiale
La casa parrocchiale di questa chiesa è annessa ad essa dalla parte di mezzogiorno (sud), Si distingue, nella parte inferiore, la cucina, una sala, la cella vinaria, la stalla col portico la cascina un pozzo e un giardino con piante, è annesso un chioso (orto o chiuso o cios dul curad) di circa venti pertiche, e tutt’intorno la vigna [28].
Sulla chiesa di San Giorgio a Jerago (relazione della visita del Cardinale Federico Borromeo– 4 segue dai numeri precedenti – Traduzione dal testo originale e note di Anselmo Carabelli)
Regge la casa parrocchiale il reverendo parroco Antonio Curioni il quale tiene a suo servizio per sbrigare le faccende domestiche Paola dei Guanzati, donna di settanta anni ed anche il nipote Francesco Curioni dell’età di trenta anni della cui opera si avvale nelle funzioni parrocchiali e indossa la veste.
Dello Stato delle Anime
Il parroco esibisce, richiesto, i libri parrocchiali attuali, ed in primo luogo quello dello stato delle anime e quello dei battesimi aggiornati al presente iniziati nel 1615, segue il libro dei matrimoni iniziato nel 1596 e redatto fino al mese di febbraio del presente anno.
Consuetudini e usanze degne di nota
Gli abitanti del luogo, per voto (ex voto), sono soliti :
- Onorare i santi protettori Sant’Ilario, S. Vincenzo, San Bernardo, San Teodoro, San Vito.
- Dare particolare solennità ai giorni di vigilia delle feste della beatissima Vergine Maria precisamente: la Nascita, la Purificazione, L’annunciazione , L’assunzione.
- Onorare : San Sisto, San Rocco, San Bernardo, i Santi Cosma e Damiano.
- Ricordare il giorno della dedicazione della chiesa parrocchiale il giorno 30 dicembre.
Parimenti, per voto annuale, sono soliti andare in processione :
- al Sacro Monte sopra Varese
- a Santa Caterina ( noncupatam) detta del sasso sul Lago Maggiore.
Cosa che appare dai pubblici documenti rogati presso il Notaio Jacopo dei Brusatoribus de Ferno nell’anno 1610.
Della Scuola della Dottrina Cristiana.
L’insegnamento della dottrina cristiana è trasmesso senza interruzione ad opera del Parroco è la popolazione è assidua.
Nella chiesa parrocchiale per i maschi e per le femmine vi sono due luoghi distinti.
Vi sono alcune persone preposte (Prefectos officiales). In particolare si raccomanda che gente apposita (piscatores) vada a raccogliere i ragazzi in giro (vaghos), riunisca le ragazze e le conduca in Chiesa, con raccomandazione che ciò avvenga massimamente nei giorni di festa.
Sulla confraternita del Santissimo Sacramento
La scuola del santissimo sacramento in questa chiesa è stata istituita da San Carlo (Sancto Carolo) nell’anno 1590, dispone di registro nel quale sono indicati i nomi degli scolari[29], non dispone di alcun reddito da beni immobili, cosa che appare dai libri predetti. Dispone di una cassetta per le elemosine dove ogni famiglia depone offerte ogni domenica e nei tempi delle messi. Queste elemosine sono versate alla fabbrica[30]che è retta dal priore e dai fabbriceri, i quali sono sostituiti o confermati annualmente dal reverendo Vicario Foraneo.[31]
La ragione[32]– il rendiconto delle elemosine e dei redditi sarà dato dal parroco agli abitanti.
Tale rendiconto sarà redatto col consenso e la partecipazione del Parroco e dei fabbriceri.
Il reddito del beneficio è stimato in circa 1200 libbre.
Dal libro della Confraternita si ricava l’obbligo per la stessa di distribuire ad ogni famiglia del luogo di Jerago una forma di pane misto del peso di una libbra cadauna, obbligo nato per volontà di San Carlo nel 1590 per l’avvenuta unione alla Scuola del S.S. Sacramento dei beni della scuola di San Giacomo Apostolo. Unito ad esso l’obbligo di Mantenere l’olio per la lampada votiva, la cera per l’altare, la riparazione e il decoro della chiesa .
Della chiesa di san Giacomo
Nello stesso anno 1620 l’ottavo mese, lo stesso Prelato illustrissimo Signore, visitò l’Oratorio sotto il Titolo di San Giacomo apostolo, in vicinanza del Castello cosiddetto (noncupato) di Jerago.
Nella chiesa, l’altare è di forma ben costrutta e guarda ad oriente, sotto una piccola nicchia, tutta bianca, senza alcuna immagine, non ha una parete posteriore e dista circa due cubiti dall’abside (nicia) dove vi è una finestrella che deve essere chiusa. L’altare non è consacrato, ma consta di una mensa lignea sovrapposta da un altare portatile appositamente inserito. È ornato da un pallio vetusto
Di color rosso, tovaglie, tre candelabri e croce di ottone, Tabernacolo sopra un ‘alzata di legno coperto da un velo poco decoroso. Presenta un vano per gli orciuoli. Il pavimento in alcuni punti è rotto, le pareti sono intonacate e bianche.
L’oratorio è composto di una sola navata sufficiente per gli abitanti del luogo, il tetto è coperto da coppi. La porta di ingresso ha un frontespizio è dotata dei requisiti richiesti. Ha due finestre sul lato sud dotate di grate. L’acquasantiera è decente e posta dove deve essere. Sul frontespizio vi è una copertura, aperta sui lati ma coperta da un tetto [33]. Per chi entra sul lato sinistro del frontespizio interno è dipinta l’immagine della Beata Vergine Maria, davanti alla quale rifulge una bianca lampada per volere dei nobili del Castello. Sopra l’abside è eretto un arco con una campanella la cui consacrazione è ignota . Non vi è sacrestia, ma i paramenti e le suppellettili sono conservate in una cassa sul lato dell’Epistola.
In questo oratorio si celebra Messa ogni giorno dal cappellano dei predetti Nobili e una volta alla settimana dal reverendo curato di Jerago, secondo l’obbligo impostogli con autorità dall’illustrissimo Arcivescovo di Milano che lo ha istituito cappellano di questo oratorio. Ma questo obbligo avrà effetto solo dopo la morte di Giovan Battista Castiglioni Curato di Sedriano, al quale il predetto Parroco di Jerago, sostituendo il suo diritto[34]all’elemosina annua, farà avere venticinque libbre. Di poi questa Cappellania diventerà parrocchia[35], così come detto prima, dopo la morte del titolare, come risulta dal documento di questa unione [36]rogato da Giacomo Antonio Cerruti Notario degli atti della Cancelleria Arcivescovile di Milano l’anno 1614 die XI Aprilis (11 aprile) .
In questo oratorio anticamente era instituita la confraternita di San Giacomo apostolo, che fu estinta da San Carlo e i redditi furono uniti nell’anno 1590 alla scuola del Santissimo sacramento della Chiesa parrocchiale di Jerago, con l’onere di celebrare una messa nell’oratorio di San Giacomo nel giorno del Patrono.
(fine del documento)
[1] lo stesso che si osserva oggi
[2]provenienza Marcallo dei sassi ?
[3] del fonte
[4]volta a crociera ancora rilevabile cosìcome in origine
[5]Oggi 1999 in restauro
[6] nel testo si fa riferimento a “donec finistrella in latere evangeli iam constructa cappella majoris” e, mancando di virgole, ma probabilmente per qualche errore di genere, non si capisce bene se sia la cappella maggiore ad essere già edificata o la sola nicchia per gli oli sacri. Questo potrebbe essere interessante al fine di datare l’ulteriore modifica dell’altare maggiore e del presbitero. E’ più probabile che la nicchia sia stata scavata successivamente nella parete sul lato sinistro dell’altare maggiore, già esistente, ottemperando agli inviti di San Carlo Borromeo imposti nelle precedenti visite pastorali. Cosa peraltro rilevabile nella chiesa di Santa Agata a Monte di Solbiate A., dove tale nicchia, oggi adibita a tabernacolo fu scavata rovinando una precedente figura di Santo dipinta nel muro di imposta del catino absidale.
[7]Cubito=Misura antico romana di lunghezza corrispondente a 6 palmi = 1 ½ pedes = 444 mm (nel sistema metrico decimale)
[8]catino absidale
[9] sono affreschi probabilmente del 1300 distrutti quando fu ampliata la chiesa e dei quali è stata data notizia durante la conferenza per l’inaugurazione della vecchia chiesa di San Giorgio
[10] sinistra per chi guarda l’altare, definito in antico Cornu Evangeli, corrisponde al lato dell’altare dove si posizionava il leggio, era il lato verso il quale si rivolgeva il Celebrante per leggere il Vangelo durante la Messa. Ricordiamo che, prima della riforma del Concilio Vaticano II, il Celebrante nella celebrazione della S.Messa rivolgeva le spalle ai fedeli e l’altare era ruotato di 180° rispetto alla posizione attuale.
[11]Inferiate e carta cerata detta stamegna
[12]Di questo si e già accenatto supra all’inizio di pag.2 alla voce oli sacri
[13]Inauersata lat.
[14]Lato destro per chi guarda l’altare maggiore, la sua ubicazione oggi corrisponderebbe al vano tra il lato destro del battistero e la parete del campanile lato ovest. E’ bene chiarire che San Carlo fu canonizzato nel 1610, perciò la Cappella in suo onore citata nel documento, è all’epoca in allestimento, trasformando lo stesso sito di una cappella che più anticamente faceva riferimento alla Natività di Maria Vergine ed alla Adorazione dei Magi, come si evincerà dal testo.
[15]Aquilone = Nord. Cioè verso il lato bar dell’Auditorium attuale
[16]di altare
[17]Ritengo sia lo stesso quadro oggi esposto in San Rocco. Quello della chiesa nuova è del 1884 ed è opera del pittore Carsana da Bergamo.
[18]L’arco è a sesto acuto in mattoni ed ha la sua imposta ancora visibile nella intercapedine (oggi celata dietro uno sportello creato nella zona servizi igienici) che si è formata in epoca successiva a quella del documento in oggetto, tra il lato ovest del campanile e il lato destro della odierna ed ormai vuota cappella della B.V del Carmelo. Questa cappella fu costruita solo dopo il 1750 dal capomastro Ambrogio Piantanida di Gallarate, all’epoca della prima sopraelevazione della chiesa romanica e della sua trasformazione in barocca. Nel 1750, per consentire gli ampliamenti furono abbattute le adiacenti cappelle di San Carlo e della beata Vergine Maria, cui seguiva l’antico Battistero, che rimase e rimane tuttora. Le antiche due cappelle decorate con affreschi del 1300 furono definite in altri documenti, anteriori al 1620, elementi di un’unica navata aquilonaria, sita sul lato nord della navata principale della originale chiesa romanica. Di quella chiesa romanica oggi ancora riconosciamo il campanile, fino all’attacco con la sovrapposta cella delle campane barocca (di colore giallo) e quel parametro in opus spicatum che è dietro e parzialmente sovrasta la doppia porta a vetri dell’odierno l’ingresso laterale sud–ovest. Immediato il riferimento a similari chiese romaniche come: San Primo e Feliciano in Leggiuno, e anche qui, come vedremo, i muri interni, pieni che insistevano sopra i due archi delle cappelle, nella faccia che guarda la navata della chiesa, erano dipinti con angeli ed immagini sacre. Tutto il ciclo pittorico della chiesa romanica, indicato nel documento farà riferimeto a santi e a scene evangeliche particolarmente care al periodo medievale. Abbattute le due cappelle romaniche sorgerà dunque l’ unica cappella della Beata Vergine Maria il cui vano, vuoto, è oggi visibile tra il battistero e la parete ovest del campanile.
[19]Legato: nel diritto romano trattasi di atto di disposizione testamentaria col quale il testatore attribuisce a carico dell’erede e a vantaggio del legatario singoli obblighi. In questi casi il legatario è da intendersi la chiesa di San Giorgio l’obbligo è a carico di persona che entra nel possesso di un bene, generalmente un pezzo di terra, cui viene legato l’obbligo di far celebrare una o più messe a favore della chiesa di San Giorgio.
[20]Pertica milanese: 654 mq.
[21]Francesco Pallavicino è cappellano di San Giacomo ancora nel 1564. Il documento in oggetto è datato 1620, si trova nella Parrocchia di San Giorgio e dimostra inequivocabilmente che tutti gli oneri relativi alla chiesa di san Giacomo, quali il legato in oggetto sono stati accollati alla chiesa di San Giorgio, nel momento in cui San Giacomo fu incorporato a San Giorgio. Sappiamo anche che la chiesa di San Giacomo del territorio di Alliarago-Jerago, precedentemente era parrocchia autonoma, come si evince anche dal “libro delle decime redatto fra settembre e dicembre del 1399 dal notaio Guarnerio de Ecclesia in Busto A” (documento conservato presso la Biblioteca Capitolare di San Giovanni in Busto A). In esso la Chiesa di San Giacomo in Alliarago appare come : Ente forestiero possessore di beni in Busto A.
[22]La comunità di Jerago è gia indicata come comune nel libro delle decime di Busto A.: supra in nota 21
[23]Staio –Stée= unità di misura per grani asciutti corrispondenti ad un recipiente della capacità di 18 lit.
[24]Miglio e segale sono i cereali coltivati nel 1500 – Il miglio fino all’introduzione del Mais, verso il 1700, ebbe notevole importanza nella alimentazione umana delle nostre zone già dal periodo gallico (Strabone” Geografia”) e fu molto in uso nel medioevo, perché resistente alle siccità estive
[25]Jacobo de Brusatoribus, notaio in Ferno
[26]Turrim Campanilem (in un latino un poco incerto) risulta chiaro però che il campanile nel 1620 fosse una torre, quindi una costruzione assai elevata rispetto alla chiesa. Sia permessa una osservazione- nel libro di Mons Eugenio Cazzani “Jerago la sua storia ” a proposito di campanile a pag. 147 si legge : “L’antica chiesa di San Giorgio aveva un campaniletto con due campane” e a pag. 148 “ il parroco Giovanni Bonomi, nel suo memoriale del 1671, affermò che vicino al presbiterio, a mano sinistra, vi è un’altra porticina per cui si entra nel campanile, con due campane di rubbi 35 (–280 kg) “. Cazzani conclude che si tratta di due modeste campane, issate su una minuscola torre e può affermare: “Ignoriamo la data della sua costruzione, ma crediamo di non errare affermando che esso fu costruito ex novo sullo stesso posto del primo nel 1820 quando Jerago si dotò di un concerto di cinque campane.”
Gli interventi di restauro del campanile hanno invece dimostrato che il campanile di San Giorgio, non fu mai abbattuto, ma solo sopraelevato. La prima indicazione che il campanile fosse ancora quello originale dal X sec, ho rilevata nella lettera di documentazione giacente nell’ archivio parrocchiale, inviata al Parroco Don Luigi Mauri dall’architetto Francesco Moglia a descrizione dei risultati dei sondaggi di stabilità sul campanile effettuati con l’aiuto di Luigi Caiola. Quando don Angelo Cassani potè iniziare il recupero ed il restauro del campanile, ebbe chiara la convinzione che quella torre fosse tanto antica e operò di conseguenza. Monsignor Cazzani, all’epoca delle sue considerazioni, non poteva disporre né delle analisi stratigrafiche del Moglia, né di una visione di parametri murari in opus spicatum evidenziati dal crollo della vecchia sacrestia e tanto meno del documento, oggetto della presente traduzione, reperito dallo scrivente nell’archivio di Santa Maria Assunta in Gallarate, indispensabile supporto di quanti, in corso d’opera sostenevano la romanicità del campanile .
[27]Si ribadisce ancora Turris Campanilis e qui il sostantivo e il suo genere sono certi.
[28]E’ stupendo rilevare come questa descrizione assomigli in modo impressionante alla vecchia casa parrocchiale, al giardino e all’orto del Parroco, al fienile alla cascina che tutti noi avevamo amati e dei quali oggi restano solo alcune foto di archivio, perché sul loro sito è sorta la nuova canonica.
[29] La definizione di Scolaro e di Scolara (dialetto Scular e Sculara) usata per gli appartenenti alle confraternite è rimasta in uso fin verso il 1970.
[30] Fabbrica-Istituto previsto per il mantenimento degli edifici sacri
[31]Ancora prima della guerra ci si ricorda dei fabbriceri che col carretto passavano a raccogliere le offerte in grano all’epoca delle messi. (per le tradizioni si rimanda al libro di imminente pubblicazione di A. Carabelli e E. Riganti:
“ Le ricette della nonna e Storia di un borgo dal 1800 al 1940 ”. Per la Collana “ Galerate-Nuovi Studi Storici- Diretta da Elio Bertozzi )
[32]Ragione – Contabilità da cui nascerà il termine Ragioneria– vale a dire la tecnica del far di conto- ragioniere diverrà pertanto sinonimo di contabile.
[33]Come anche oggi.
[34]Diritto alla Cappellania di San Giacomo Del Rev.do Giovan Battista Castiglioni
[35]Di Jerago
[36]Unione della chiesa di San Giacomo a quella di San Giorgio