Ricordo di Padre Eugenio Rustighini- Padre missionario comboniano

Jerago        17 giugno 1942

Venegono    17 marzo 2010

 “Ogni uomo è chiamato ad essere come quei fiori nelle crepe delle rocce, invisibili a tutti, nati per la gloria di Dio.  Se poi qualcosa di quanto si fa deve essere riconosciuto dagli uomini, lo deciderà Dio. ”

Così descrive la vita del Missionario Don Massimo Camisasca, rettore della Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo e  questa definizione bene si adatta a padre Eugenio, egli infatti fu poco conosciuto da noi, suoi concittadini e parrocchiani,  perché la sua Missione lo ha sempre  tenuto lontano dal paese e quindi affidiamo il ricordo alla memoria delle sue brevi presenze tra noi in occasioni particolari, così come appare dagli articoli tratti dalla voce del Parroco di Don Luigi Mauri  e da un Popolo in Cammino di Don Angelo Cassani e di Don Remo Ciapparella

 

Eugenio Rustighini nasce a Jerago da Pierino e Antonietta Brambilla, secondo di cinque fratelli dei quali in vita: Teresita, Sandro e Pino.

La sua infanzia tranquilla emerge dal racconto dei coscritti in occasione della festa per il suo venticinquesimo

 “ Le nostre menti vanno alle prime esperienze dell’asilo infantile, alle elementari con la severa maestra Giuseppina; le filastrocche, i giochi semplici e poveri. L’amico Ferruccio prematuramente scomparso, il Cantone della Madonnina. Rivediamo la tua fisionomia di bambino dal tratto gentile e riservato, pronto anche a non sottrarsi alle punizioni per qualche marachella compiuta da altri e accettate anche da te per solidarietà verso l’amico”

1953 a undici anni entra nel seminario dei Tommasini a Torino

1953-1958 completa gli studi ginnasiali a Torino

1958 matura, seguito da padre Enrico Farè, il desiderio di entrare nei missionari Comboniani

1958-1961 studi liceali a Carraia  (Lucca) presso l’Istituto Missioni Africane

1961-1963 noviziato a Gozzano (Novara) al cui termine emette i primi voti

1963-1966 compie tre anni di studi teologici a Brescia, dove ricopre anche l’incarico di “prefetto dei giovani seminaristi”, alla fine di questo ciclo nel 1966 il giorno 9 settembre  emette  i voti perpetui

1966-1967 quarto anno di teologia a Venegono

28 giugno 1967 ordinato sacerdote a Milano dal Cardinale Giovanni Colombo

29 giugno 1967 Prima santa messa a Jerago

Ecco l’entusiasmo del parroco don Luigi Mauri, trasparire dal saluto al nuovo Sacerdote che sarà destinato alla Missione:

 “Io sento di essere in questo momento appena una conchiglia, la quale dell’ampia risonanza del mare, non reca che un murmure fioco. Ma tu nella mia voce ascolta la voce di molti; nel mio palpito intendi il palpito di tutti i tuoi parrocchiani : di quelli presenti e di quelli  assenti; di quelli che ti  accompagnarono all’altare; di quelli …. e sono i più numerosi, che in Africa attendono la tua opera di missionario ”

 Nelle note di don Luigi si trova anche un tenero pensiero alla mamma di padre Eugenio

 “ … quelle mani che, fanciullo, egli abbandonava nelle tue per sentirsele riscaldare dall’amoroso gesto della materna protezione: quelle mani ora si sarebbero levate sul tuo capo e ti avrebbero benedetta col segno della Redenzione. E lo accogliesti in ginocchio quel segno e lo serrasti nel cuore come pegno della tua offerta, come simbolo della tua vita futura. Da allora, sia breve sia lunga la distanza che vi separa, i vostri cuori procedono affiancati, uniti lungo il cammino segnato: l’uno attivo paziente modellatore e cesellatore delle Anime che Dio gli Affida: l’altro silenzioso, fiammella perennemente ardente nella preghiera, quale vedetta vigile al cesello del figlio.” ( la voce del parroco 27-5-1967)

Parole, queste, che acquistano oggi  una luce particolare se si pensa che la mamma di don Eugenio sopravvisse al figlio di solo poche settimane.

Il compito di descrivere l’opera di padre Eugenio viene ora molto facilitato perché è lui stesso a narrarla su Popolo in Cammino in occasione del 25° di sacerdozio.

“Ordinato sacerdote il 28 giugno del 1967, nell’agosto dello stesso anno raggiungo Rebbio di Como come Vicerettore del Seminario Minore. Vi resto fino al settembre 1973. Trascorro poi 6 mesi a Parigi per rinfrancare il francese prima di partire per la Repubblica Centrafricana dove sono stato destinato dai superiori. Se ben ricordo il 30 maggio del 1974 m’involo per questo paese: Linate-Marsiglia-Bangui, dove giungo alla sera accolto da numerosi confratelli e dall’allora Pro-nunzio Mons.Tagliaferri, ora nunzio a Madrid. Pochi giorni dopo sono già nella missione di Boda nel Sud Ovest del Centrafica. Vi resterò fino al 1981 svolgendo l’attività pastorale di ogni Missionario: cura dei catecumeni, corsi per catechisti, amministrazione dei Sacramenti, aiuto ai più poveri tra i tanti poveri, senza trascurare la manutenzione delle opere della missione in vari villaggi, su un territorio quanto mai esteso. L’aspetto prettamente sociale, come l’alfabetizzazione, la cura alle malattie, ecc. era curato  in gran parte da una suora vietnamita di una congregazione francese. Nel 1981 vengo eletto Superiore Provinciale dei Comboniani del Centrafica e del Ciad. Mi trasferisco nella capitale per comodità di sevizio e per relazioni con le autorità religiose e civili. Questo incarico mi dà l’opportunità di visitare tutte le missioni tenute dai Comboniani in Ciad. Impegno difficile e delicato che svolgo fino al dicembre 1986,  in quanto sono stato rieletto  dopo i primi tre anni, ed in seguito, nel Capitolo Generale della Congregazione del 1985 si decise che io  terminassi sei mesi prima per lasciare più tempo al nuovo eletto. Durante questo tempo ho potuto condividere gioie e delusioni di tanti Missionari, momenti belli e momenti difficili, specie in Ciad a causa della guerra. Conservo un buon ricordo di tutti, specie per il grande impegno ed abnegazione di tanti, che senza badare a fatiche si sono sempre prodigati al servizio dei più bisognosi. Nel 1987 vengo in Italia per un corso di aggiornamento e i superiori mi mandano a Casavatore (Napoli) per animazione missionaria ed incarico dell’economia della comunità. Arrivo a Napoli nel luglio del 1988 e vi rimango fino a giugno 1991 in quanto ci sono nuovi spostamenti. Per un cambio ritenuto necessario a Gordola (Confederazione Helvetica), i superiori mi assegnano a questa comunità, dove giungo in maniera stabile l’11 novembre 1991, come superiore e Cappellano della Clinica S. Chiara di Locarno. Non Credo di dover fare commento a questo mio iter in  25 anni di sacerdozio. Desidero solo ringraziare il Signore e tanti tra voi che sempre , in vari modi, mi sono stati vicini ”

Così il suo periodo africano viene descritto nella rivista dei Comboniani :

“Una sua caratteristica, come provinciale, era l’attenzione per la salute fisica e morale dei confratelli. Se si accorgeva che in una comunità c’era un problema, non esitava a mettersi un viaggio e a percorrere centinaia di chilometri per andare a rendere visita ai confratelli, cercare di risolvere al meglio le cose e riportare la serenità. P. Eugenio è stato provinciale nei momenti più difficili e delicati che il Centrafica e il Ciad abbiano passati: colpi di stato, guerre civili, momenti di forte tensione tra guerriglieri e il governo. Sono stati momenti di paura e di pericolo per tutti: è stata uccisa tanta gente innocente e sono stati distrutti molti villaggi. I missionari sono rimasti isolati gli uni dagli altri per parecchi mesi, dato che era pericoloso viaggiare. Si erano addirittura persi i contatti con loro e diventava sempre più difficile ottenere il permesso di uscire o entrare in Ciad ”.

Ecco come padre Eugenio confida a don Angelo Cassani ed ai parrocchiani di Jerago i suoi sentimenti per il suo ritorno in Italia.

“Come missionario debbo confessare che la decisione dei superiori di trattenermi in Italia per qualche tempo mi è costata, d’altra parte come religioso ho il dovere dell’Obbedienza e come cristiano devo cogliere il disegno di Dio che sempre guida la storia personale di ciascuno per il miglior bene della Chiesa e per l’avvento del Suo Signore”.

 Ricordando a Don Angelo le difficoltà del nuovo impegno a Napoli con la lettera del 18-7-1988 rammenta che:

 “ il timore di non riuscire c’è nel mio cuore, ma evidentemente come ogni tipo di timore; anche questo è frutto di una insufficiente fiducia nel Signore per cui ti assalgono dubbi con ogni tipo di timore, ti tormenti con problemi ingigantiti dalla tua fantasia. Quando con l’aiuto del Signore, mi metterò tranquillo nelle sue mani, lasciandomi guidare da Lui, tutto sembrerà più semplice, pur restando le medesime difficoltà ”.

Nel 1999, dopo Gordola,  rientra a Venegono dove opera, limitatamente alle sue forze fisiche,  nell’animazione missionaria e nel ministero pastorale fino ai suoi ultimi giorni. Qui ha saputo trasformare la sua condizione di fragilità fisica ancora una volta in una Missione, grazie alla sua presenza continua nelle parrocchie vicine, rendendosi disponibile per la confessione e la direzione spirituale nei confronti di tante persone che andavano a cercarlo  ed alle quali dedicava tanto tempo e preghiera .

Un confratello comboniano potrà  testimoniare:

“Con la sua morte ci ha lasciato un vuoto, ma anche una eredità. Ci ha insegnato che la vita va vissuta nel quotidiano. Come un dono da amare e condividere. Possiamo dire che la fedeltà ha caratterizzato tutta la vita di P. Eugenio: fedeltà alla sua vocazione missionaria, fedeltà alla preghiera, fedeltà agli impegni che gli sono stati affidati in tutti gli  anni della vita sacerdotale”

Don Remo Ciapparella, Parroco di Jerago, nell’omelia per il funerale farà notare che proprio il 19 marzo,  era previsto un incontro con padre Eugenio e i parrocchiani di San Giorgio, nel quadro dell’anno sacerdotale, ma Padre Eugenio, quella testimonianza aveva resa con la sua morte a conclusione di una vita donata.

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