Jerago piccolo borgo turistico

Con l’avvento della ferrovia, molte famiglie milanesi o di jeraghesi residenti nella capitale, poterono raggiungere comodamente il borgo per le vacanze estive e per le  varie necessità. Primo fra tutti il prof. Dionigi Cardani, che quando la stazione di Cavaria non era ancora funzionante, scendeva a Besnate facendosi 4 chilometri a piedi. A Milano ricopriva l’incarico prestigioso di direttore didattico del complesso di Via Pisacane- Poerio e risiedeva nel paese natio per le vacanze estive dove apriva una colonia  pei ragazzi milanesi. Lo si vedeva anche in altre occasioni, per seguire con la collaborazione del sig. Santino Cassani la conduzione dei campi e dei beni familiari, o per le attività sociali alle quali era richiesto e cui partecipava volontieri. Di altri ci si ricorda: la famiglia Sartorelli; i Ghiringhelli, costruttori edili, con villa in Via San Rocco; il Cav. Zeni, sindaco all’inizio del secolo e titolare di vari negozi di casalinghi; i nipoti della nonna di Enrico, di cognome Colli, proprietari in città di prestino, droghiere, fabbro, e osteria . I Cova, titolari di una fabbrica e di negozi per la produzione e la vendita dei famosi letti e culle in ottone e ferro, desiderati da tutte le spose di Milano, uscivano a Jerago ospiti dal Filizzeu Felice Riganti in via G. Bianchi e solo in seguito costruirono la loro nobile dimora oggi sede del Municipio. I Castagna della rinomata carrozzeria per auto, edificarono la prima Villa dei Ronchetti, la seconda fu di un ingegnere della Rejna. Dal 1890 fin verso il 1940 molti diedero alloggio ad intere famiglie e pensiamo con un modesto beneficio economico, antesignani dei Garni tedeschi o degli agriturismo. Jerago, a pieno titolo e grazie alla ferrovia, era diventato un piccolo ma ospitale centro turistico e offriva quelle che oggi sono le ricercate vacanze in fattoria e in campagna, perché allora vi era tanta tisi in giro e dalla città si raggiungevano volentieri le colline più vicine per ritemprasi. 

Durante la 2^ guerra trovarono rifugio numerose famiglie che sfuggivano ai bombardamenti aerei, così chi aveva una attività in città lasciava la famiglia al sicuro e poteva raggiungerla la sera col treno. Quegli stessi ragazzi sfollati frequentarono le nostre scuole elementari e si unirono volentieri ai giochi dei nostri, ma arrivavano pure tanti bambini piccoli per respirare aria buona, persino lattanti con le loro balie. Enrico rammenta che d’estate, quando accompagnava la mamma nei lavori dei campi, sovente incontrava “molte signore distinte, che passeggiavano, lungo la loro stessa strada, riparate da un ’ombrellino di seta, il cappello di paglia, coperte fino al gomito, erano bianche come il latte. In apparenza tanto fragili, hanno poi felicemente superata la venerabile età di novant’anni”.

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