(Testo : Anselmo Carabelli – Enrico Riganti)
In un mondo piccolo ci si divertiva ad attribuire agli abitanti dei paesi vicini soprannomi anche offensivi, così per il gusto di prendersi in giro soprattutto al lavoro. Basti pensare a quanta gente era occupata nei primi grandi stabilimenti industriali : Rejna, Grandi, Majno, Isotta Fraschini, Siac (Butunat da Caväria). Sti an indrè – negli anni trascorsi si conoscevano le date di tutte le ricorrenze religiose dei paesi vicini e non si mancava, specialmente se giovani, di frequentarne le feste poiché offrivano una delle poche opportunità di vedere ragazze, magari rubando loro un timido sguardo, perché, quanto a frequentarle, sarebbe stata impresa ben più ardua e impegnativa. Ai ragazzi jeraghesi, i vecchi insegnavano tra il serio e il faceto che ”bisugnäva miscìà la raza ”, cioè come fosse buona cosa che i matrimoni si celebrassero con ragazze di fuori, così la progenie sarebbe stata più vigorosa. Nacquero dunque le frequentazioni dei paesi vicini e anche l’odio che i nostri ragazzi subivano da quelli dei paesi foresti, che li ritenevano indesiderati concorrenti. A Quinzano i nostri , se riconosciuti , venivano presi a sassate , era perciò prudente andare in forze alla festa di San Pietro. Ben altre sassate toccavano ai fortunati per la festa della Madonna della Ghianda di Mezzana, dove si dice che le ragazze colpissero con un sasso quel ragazzo che avrebbero desiderato per marito. Solo dopo il matrimonio sarebbero state le famiglie intere a spostarsi di paese in occasione delle feste estive, dando vita in qualità di ospiti ad indimenticabili tavolate sull’aia, all’ombra della “ topia ” (pergola), che per tal motivo veniva fatta crescere a sbalzo dal “Puntì “ (ballatoio), intrecciandone i tralci con apposite rastrelliere che si proiettavano sul cortile.
- JERÄG : – Baslott – Jerago : – gente che mangia in una scodella molto grande detta appunto Baslott . Quando nel 1955 si ideò una gara di teatro tra celibi e ammogliati all’Auditorium, ai vincitori toccò in Pallio il famoso “Baslot D’or” .Chi invece ci disprezzava ci dava del “Pufat”- che vuol dire individuo che fa debiti e non li onora. Chissà che oggi questo non sia ritenuto un pregio, si dice infatti che: “Veg i debat e pagai nò, l’è téme mia vegai” aver debiti e non pagarli in pratica è come non averli.
- CAJEL : Bindelit – Caiello – i Nastrini per capire il soprannome è necessario aggiungere che: “Cunt un métar da bindél han ligò tüt Cajél, ga n ‘è vanzò un cicinin e han ligò anca ul campanin” . E’ tanto grande il paese che con un metro di nastro (bindel) hanno legato tutto Cajello, ne è rimasto ancora un po’ e con quello hanno legato anche il campanile lillipuziano.
- Quinzan : i Asnitt – Quinzano : gli Asini. Forse per far il pari con le sassate di prima.
- Menzäg: i Scurbatt – Menzago : i Corvi
- Uräg: i Pignatt – Orago: Le pentolacce . Il riferimento è alla cuspide del campanile di Orago che rassomiglia vagamente ad una grossa pentola.
- Caväria: I mangiacan – Cavaria : i mangiacani . Nelle trattorie vicine al convento (quello che sta di fronte al semaforo della stazione), con annesso alloggio per viandanti, si malignava fosse servita carne di cane agli ospiti. Dal 1200 Cavaria si trova con Orago sulla trafficata via di Porta Helvetica, la via che esce da Gallarate (Ponte di Varese- Conventino di San Francesco- oggi sede della Società di Studi Patrii) e va verso Varese e il Ceresio, pertanto ricca di poste con stallazzo e trattorie .
- Besnà : I strii – Besnate : Le streghe. Le storie da Strii e da Strolig erano raccontate con timore alla sera quando, nelle stalle per sfuggire ai rigori dell’inverno ci si radunava seduti “Sui bal da paja a scultà i panzanig”. La Chiesa si è sempre battuta tenacemente contro l’abitudine pagana di leggere la mano o farsi prevedere il futuro, considerate gravi mancanze verso il primo comandamento. La Stroliga – astrologa è il nome dialettale dato alla zingara che passava di casa in casa per vendere cartine di bottoni di madreperla, ma dietro lauto compenso, offriva anche la lettura della mano.
- Casurà: I Cucù – Casorate: i cuculi.
- Preméz : I Beu – Premezzo : i Buoi
- Sulbià : I lümaguni – Solbiate : i Lumaconi . Si fa probabilmente riferimento al lento incedere della loro famosissima processione, che si snodava dalla chiesa di San Maurizio alla chiesa di Büscian-Buzzano, effettuata la prima domenica di maggio. Molto presto di mattina, provenienti dal Molinello, i solbiatesi in processione, transitavano per il sagrato di San Giorgio, dove li attendeva il nostro sig. Parroco in abito liturgico, si dirigevano alla Madonnina dove sostavano in preghiera per raggiungere poi il sagrato di San Giacomo, prendendo successivamente per i boschi, dalle parti del Bertoldo da cui si incamminavano per Buzzano e la chiesa di Santa Maria del Gallo (la denominazione fa riferimento agli abati di San Gallo, cui pare si debba la fondazione) .
- Brünel : i Fasuritt – Brunello : i Fagiolini.
- Ugiona: i Püras- Oggiona : i Pidocchi
- San Stean- I Ginestar – Santo Stefano: le Ginestre
- Galarà : I Brusabalon – Gallarate: coloro che bruciano i palloni- ci si riferiva ad un episodio avvenuto sul finire del XIX secolo, quando dopo aver richiamato una nutrita folla di spettatori per un lancio di aerostati, riuscirono invece a provocarne le risa per averli maldestramente incendiati. Molti però li soprannominavano in assonanza Brüsagaton- questo nome si vuole fosse quello di un sacrestano, di aspetto assai poco gradevole, un Quasimodo (mostro di Nôtre-Dame) nostrano, i cui resti mortali, pare fossero murati nel campanile della Basilica di Gallarate. Questo, vero o falso che fosse, incuteva non poco timore a noi ragazzi delle medie di Gallarate quando ci si recava in Basilica per la S. Messa quaresimale delle scuole e si passava presso al Campanile.
- Arsäg- i sciatt- Arsago i rospi. Si vuole che rane rospi fossero molto diffusi nelle nostre zone, naturalmente prima dell’uso dei fertilizzanti e della distruzione dei prati. La testimonianza di queste presenze, ci parla di luoghi altrimenti paludosi, resi fertili e salubri solo per la attività umana di canalizzazione.
Vi sono anche altre espressioni dialettali che hanno come riferimento città o paesi:
- Goss da Arnà– Arnatese affetto da evidente gozzo. Oggi si usa tale espressione ironizzando sulla golosità di una persona e non al gozzo. Sappiamo dalla scuola, che il gozzo, così come la pellagra, fossero malattie tipiche di popolazioni povere non mediterranee, caratterizzate dalla prevalente alimentazione maidica o di polenta di mais. Ricordare un personaggio di Arnate per il gozzo, vuol dire che tale difetto, non fosse poi così diffuso e quindi poteva ben dirsi una eccezione. La nostra alimentazione, seppur povera non era caratterizzata quindi da avitaminosi del complesso B, e dalla carenza di sostanze iodate. Troviamo conferma nel volume di Marco Sandroni su Ercole Ferrario “Un medico e igienista dell’ottocento lombardo” (Ed. Comune di Samarate 1997 , pag 74) dove si ricorda come lo scienziato abbia evidenziato che nel territorio bustese e circonvicino non si fossero rilevati casi di pellagra e ciò fosse forse da attribuire al fatto che il regime alimentare di quelle popolazioni fosse caratterizzato da : “solito uso di pane di granoturco, ma molto ben preparato, e meritatamente famoso, ma di rado mangiano anche polenta, e quasi sempre acconcia con olio e burro: ma ciò che più conta, qui si fa uso di carni vaccine e porcine, sia per companatico, che per preparare brodi: onde senza tema di errore si può dire che, qui da contadini si mangia di più e meglio che altrove…” .
- Ul Carlin e a Marieta da Carbunà – Il Carlino e la Marietta di Carbonate : il nome del paese è associato a quello di due personaggi, probabilmente contadini, che rappresentano la quintessenza della semplicità. Vengono citati con l’altro modo di dire “ m’ in long i nocc da Milan ! ” – come sono lunghe le notti a Milano! L’espressione si indirizza a colui che fa un grosso e rumoroso sbadiglio. Il motivo sta nella storiella di quando il Carlino e la Marietta, novelli sposi, poterono finalmente coronare il grande desiderio di raggiungere Milano in viaggio di nozze, loro che non erano mai usciti dai limiti del paesello. Presero alloggio in un decoroso albergo del centro, di quelli che per consentire il riposo notturno degli ospiti isolano le camere dal rumore della via mettendo doppie imposte e spesse tende alle finestre. Il nostro Carlino, il cui orologio biologico era sincronizzato sui ritmi agricoli, si sveglia nella completa oscurità della stanza, tentoni raggiunge la porta dell’armadio, la scambia per la finestra, la apre, guarda, vede buio, torna a letto. Di lì a poco, ancora completamente sveglio, ripete l’operazione con analogo risultato, torna a letto e sbadigliando fragorosamente si rivolge alla sua diletta constatando sconsolato : “Marietta, m’in long i nocc a Milan! “.
- Casben- Ul leon da Casben –Il leone di Casbeno é il soprannome di un individuo scarmigliato e dalla folta capigliatura leonina.
- Cajel– Ul Pota. Si ignora chi sia, viene utilizzato per rintuzzare la curiosità, di persone che si introducono in un discorso già iniziato, e vogliono sapere con insistenza di chi si stia parlando. Alla domanda di “ Chi ca l’è “ si rispondeva ridendo “Ul pota da Cajèl ”.
- Bagg- Va a Bagg a sunà L’organ. Vai a Baggio a suonar l’organo. Cortese invito che sostituisce espressioni più volgari, che si indirizza a coloro che infastidiscono. A Baggio, sobborgo a Est di Milano, si narra che l’organo fosse dipinto sul muro, e quindi impossibile da suonare.
- Arona- Ul san Carlon d’Arona- Il San Carlone di Arona : fa riferimento alla colossale statua del Santo, che fu eretta in suo onore sul sagrato del Seminario di Arona. Tale espressione indica anche una persona di taglia
- Cardan- A Cardan fan ben anca i can. Si riferisce alla proverbiale ospitalità della gente di Cardano verso i viandanti che raggiungevano quel paese percorrendo la strada carreggia o Stracaéscia, dopo il guado sul Ticino di Castelnovate. Può anche essere riferito al fatto che qualsiasi attività economica vi riesce bene. Cardano è stato ufficialmente riconosciuto uno dei 100 borghi più laboriosi d’Italia.
- Verghera- A Verghera par sta ben nu ghe manerà.: A Verghera non c’è modo di star bene, forse perché nella vicina Cardano si sta troppo bene. Una volta si andava a Verghera dal “Giustaos”- massaggiatore per farsi ridurre le distorsioni .