Il mondo che parlava in dialetto era molto riservato nei sentimenti. Non usava il verbo amare, oggi inflazionato. La parola amur esiste solo nel detto : “amur da fradèi, amur da curtèi” amore tra fratelli, amore da coltellate. Quando un ragazzo e una ragazza fanno timidamente dei progetti, per il nostro dialetto “Sa pärlan –si parlano”. “ Ul mè Lüis al ga pärla a la to Maria”– il mio Luigi è il ragazzo della tua Maria”. Quando :“ Ul mè Lüis” fa il passo decisivo, si dirà che “al va in cà da la Maria”, ha ormai il consenso di tutto il parentado e ne è diventato ufficialmente “Ul murus”; sarebbe disdicevole se tornasse sulle sue decisioni. Tra i fidanzati, sempre guardati a vista, da una nonna o accompagnati da qualche fratello piccolo, al massimo si concede “Un quèi basin da nascundun” –un innocente bacetto, ma di nascosto”. Rompere un fidanzamento è una cosa quasi impensabile, un affronto per le due famiglie . “L’ è roba da mia créd, l’é méj scondas pa a vérgogna– da non credersi sarebbe meglio nascondersi per la vergogna, “Ul Lüis l’ à piantò a Maria –Luigi ha lasciato Maria”. “Quéla pora tusa a l’è diventò un strasc- Vedessi quella povera ragazza si è fatta sciupata come un cencio”. Poi per il rimorso, per l’insistenza dei parenti e perché il Luigi le voleva davvero bene…” s’in metù anmò insema e finalment in andài a la Gésa si sono ritrovati e sono finalmente andati dal Parroco per il consenso alle nozze ed anche in Municipio”.
Una tradizione tipicamente jeraghese voleva che il giorno delle nozze la sposa regalasse al Sig. Parroco, che aveva unito gli sposi col Sacramento del Matrimonio, un fazzoletto finemente lavorato.