Credo non vi sia giornata più attesa del Santo Natale. Ti rivedi piccolo quando la nonna e la mamma additavano il Bimbo che avevano appena adagiato nella mangiatoia, prima vuota. L’amato presepe casalingo, che ancora oggi ricostruisci, si anima di statuine che vanno verso la capanna e, se hai fortuna, molte sono ancora quelle di gesso del papà o le più recenti di cartapesta, magari rotte, ma che un provvidenziale rappezzo ha salvate. Un poco di colla rapida, il rametto di un abete inserito tra il busto del pastore e le sue spalle e così potrà ancora ricoprire egregiamente il suo ruolo. Le pecore del nonno in gesso, dopo tanti anni non stanno più in piedi, meglio, perciò le accosti l’una all’altra e il gregge, in precario equilibrio, sembrerà più veritiero. Ecco quei due personaggi, certo bruttaccelli, niente in raffronto alle superbe statuine odierne, fanno tanta tenerezza, perché non puoi dimenticare quando scartandole dall’imballo di vecchie pagine di giornale stropicciate, ad ognuna si attribuiva un soprannome e tutti sorridevano. Queste due sono proprio: il Carlin e la Marietta da Carbunà. Memoria di racconti su personaggi semplici, anzi sempliciotti, ma tanto… tanto amati. Come non pensare con gratitudine a coloro che hanno operato perché la tua vita corresse lungo binari sicuri e nei Natali passati con loro era bello andare alla messa grande, farsi gli auguri. Anche l’ augurio di un anno buono esternava la certezza, che circondato da così tanti amici cristianamente formati, anche nelle possibili ed ineluttabili sofferenze, una spalla ed un aiuto non sarebbero mai mancati. Penso a Natali forzatamente più tristi vissuti nei racconti di anziani reduci dal fronte, che ancora si commuovono al pensiero dei molti che non sono tornati. Nelle loro lettere, per chi ha la possibilità di possederne e leggerne i diari, si apprezza come quella data, anche nelle ristrettezze e nelle ambascie del momento, in Russia, in Africa, in Grecia, non passò mai ignorata. E in molti casi, nei luoghi sperduti, lì confinati dall’insipienza dei potenti, fu proprio un immaginetta di Gesù Bambino nel presepe, conservata gelosamente nel portafoglio tra le foto dei genitori, a rappresentare l’unico provvidenziale appiglio alla speranza di rivedere i propri cari ed a non farsi prendere dallo sconforto. E per molti, meno fortunati, il viatico ad una morte senza disperazione. Ecco perché ammiro la preziosità delle immaginette sacre e le conservo sempre gelosamente. Buon Natale!

fonte immagine: wikipedia.org – Giotto- La natività – Cappella degli Scrovegni- Padova