(testo di A. Carabelli)
Di domenica da piccolo una delle mete pomeridiane per la mia famiglia fu la Malpensa, dove assistere all’affascinate spettacolo degli aerei in partenza ed in arrivo. Un ampio terrazzo sopra i locali di imbarco consentiva ai visitatori di assistere alle operazioni di rullaggio ed alle manovre. Quella primitiva sede, orgogliosamente avviata da visionari pionieri bustocchi, meritò il titolo di aeroporto intercontinentale, grazie a una lunga pista, alla svettante torre di controllo ed una moderna aerostazione ben dimensionata alle esigenze di allora. Da essa si potevano raggiungere le due classiche mete: il Sud America e gli Stati Uniti. I velivoli poi erano a pistoni e di lì a poco sarebbero arrivati i più moderni DC 7. Ma Il più affascinante certo era il Supercostellation, un bestione quadrimotore con una forma da uccellaccio e triplice impennaggio di coda con la livrea bianca e rossa della statunitense TWA (Trans Word Airlines) con bordi di argento rilucente in linea per New York.

Naturalmente il volo avveniva a tappe con scalo a Terranova, e le compagnie aeree erano l’italiana Lai (linee aeree italiana) e la T W A- Trans Word Airlines, linee che attraversano il mondo. E già il nome era un programma. Fantasticavamo che un giorno anche noi saremmo stati tra quegli invidiati viaggiatori che dopo il rituale della scaletta che si accostava ai velivoli, l’apertura del portello, scendevano con nonchalance, e sembrava ti guardassero con distacco… ; chissà uomini di affari, attori. Certo nessuno, anche i benestanti, potevano permettersi il lusso di un volo transcontinentale, ma che dico anche solo nazionale.
Il pensiero che il vicedirettore dell’aeroporto civile fosse uno di noi, del nostro paese il sig. Attilio Pagani ci rendeva orgogliosi, perché parlare di aerei di aviazione era come proiettarsi nel futuro. Ci si sarebbe accostati al possibile imbarco anche con un certo timore infatti, per quanto tutti dicessero che il volo era sicuro, bastava ricordare il grande Torino per temere che se qualcosa fosse andato storto, la cosa poteva si prendere una cattiva piega, come ad Olgiate Olona o a Cuirone. Per molti anni ancora l’alternativa della nave da Genova per l’America , fu preferita dalla quasi totalità. Era così atteso e temuto questo prendere l’aereo, come si diceva allora, che si ricorse al neologismo di battesimo dell’aria. Chissà se sarebbe arrivato anche per me. Un programma dei cavalieri del lavoro della provincia di Varese pensò di avvicinare gli studenti degli ultimi due anni delle superiori al mondo dell’aeronautica, invitandoli ad una visita alla fabbrica di elicotteri Agusta ed allettandoli con un volo in elicottero , da sorteggiare tra i seicento allievi in visita. I genitori dovevano preventivamente acconsentire su mudulo l’imbarco al figlio qualora fosse stato favorito dalla fortuna. Con mia somma soddisfazione fui tra gli eletti. Così ebbi la mia prima volta in volo, in elicottero però, a bordo di uno splendido Agusta Bell 204 ai comandi del capitano Lancia. Che si alzò da Cascina Costa e ci portò in vista della pista di Malpensa, attraversata solo dopo che ottenne il permesso della torre. In attesa potemmo vedere, da lontano, l’atterraggio di un magnifico DC8 Alitalia. Non dimenticherò quel bestione, che si posava maestoso e possente in testa di pista, le Alpi scintillanti osservate da una posizione inusuale, il Ticino, il ponte di Sesto, le varie torri e campanili. Stavamo entrando in un mondo nuovo, perché nel volgere di un ventennio dal ’70 al ’90 , tutte quelle attività sarebbero diventate quasi normali.