Marzo 1991
di Anselmo Carabelli
La parte romanica del campanile di S. Giorgio vecchia, in Jerago, presenta le seguenti caratteristiche:
altezza dal piano piano della chiesa circa 16 metri, cui si deve aggiungere la cuspide piramidale in sassi, che e´stata successivamente asportata all´epoca della costruzione della loggia delle campane; tale cuspide poteva essere di 70 cm. circa, piu´croce in ferro.
Sezione perimetrale quadrata con lato di circa 310 cm. , costante alle diverse quote.
All´interno, nella parte cava di accesso alla cima, le mura si vanno riducendo, per dare grande staticita´all´insieme.
Esternamente i primi due ordini sono segnati da finestrelle monofore con arco in cotto, mentre il terzo ordine, attualmente coperto dal quadrante dell´orologio, dovrebbe celare una finestrella bifora, sede delle originali campane.
I sassi che formano la costruzione sono legati da malta ottenuta con impasto di calce idraulica e litta.
Un campanile similare, almeno nei primi tre ordini, e´sito a Lasnigo, nei pressi di Erba. Torri campanarie di origine romanica, osserviamo pure ad Arsago (S. Vittore), Buzzano (bellissimo campanile, privato maldestramente della sua chiesa verso il 1950), ma il complesso che puo´offrirci maggiore spunto di riflessione, oltre naturalmente ad Arsago- S. Vittore, e´la chiesa di S. Donato in sesto Calende. Altrimenti nota come abbazia benedettina.
Lasnigo- S. Alessandro (fonte immagine: exploratoridelladomenica.it)
Questi riferimenti sono importanti per una ricerca che tragga il supporto delle vestigia architettoniche. Infatti, a differenza dei documenti scritti che per questo periodo diventano estremamente rarefatti e di difficile interpretazione, spesso menzioni di cose viste da altri, cosi´non si puo´dire delle opere architettoniche che sono sotto i nostri occhi. In breve, negli anni attorno al 1000, le nostre localita´facevano parte del contado del Seprio; la zona di Angera, dal lago fino a Locarno, faceva parte del contado di Stazzona, vecchia denominazione di Angera, e comprendeva il complesso architettonico di Santa Caterina del sasso Ballaro.
Complesso romanico di S. Vittore in Arsago (foto di Francesco Carabelli)
Per rendere piu´apprezzabile il contesto storico, ritengo utile trascrivere alcuni brani da Corrado Barbagallo- Storia Universale- Vol. III – parte 1° – pag. 276 – U.T.E.T. Torino, 1968.
Con riferimento alla politica di Carlo Magno, l´autore sostiene: “… il piu´importante di questi fenomeni e´il giungere a maturita´dell´economia praticata dagli istituti religiosi: chiese, monasteri, conventi…le chiese e i conventi soccorrono i loro coloni e fittavoli in momenti di carestia, li forniscono di bestiame da lavoro, pongono a loro disposizione il mulino per macinare il grano, il torchio per l´uva, dando ai loro dipendenti il mezzo di conquistare la piena proprieta´ del suolo, ricevuto in usufrutto, permettendo di ascendere dalla servitu´alla liberta´. E´questo uno dei punti piu´interessanti della storia economico-sociale del primo Medioevo- cosi´gli istituti religiosi, pur mirando al proprio interesse, incoraggiano il dissodamento di terre abbandonate, favoriscono la coltivazione intensiva del suolo, vanno trasformando lentamente le classi servili in ceti di liberi agricoltori”.
Fin qui il Barbagallo, con riferimento al IX secolo.
Dalla descrizione del campanile di S. Giorgio vecchia ci rendiamo conto che deve essere opera di abili muratori i quali conoscevano l´uso di strumenti e macchine, propri di corporazioni estremamente severe e gelose della loro arte, che lavoravano sotto la direzione di maestri provenienti da queste zone., prevalentemente Como, ma anche dall´attuale Canton Ticino. Li chiamavano “Magistri Comacini”, con riferimento alla loro terra di origine, o “Magistri cum macinis”, con riferimento all´uso di macchine e strumenti edili.
Fra loro vi erano molti scalpellini. Questi operai stavano dando prova di grande abili´ad Arsago, a sesto Calende, ad Albizzate (S. Venanzio), Castelseprio.
La piccola comunita´di agricoltori, che qui risiedeva, seguita e stimolata dai beneddetini dell´abbazia di Sesto, dissodando queste terre, abbattendo alberi, aveva recuperato una grande quantita´di sassi, che sarebbero serviti per i muretti di contenimento a secco sulla collina delle vigne (Vigneur), ma anche per la chiesetta di S. Giorgio.
Abbazia di San Donato in Sesto Calende (fonte immagine: wikipedia.org)
Questa chiesa poteva essere la stessa descritta nel 1586 da Padre Leonetto Clivone (Cazzani, Jerago – la sua storia-pag. 65) che misurava mt. 12 x 9 ad aula rettangolare cui andava aggiunto il piccolo presbiterio” (ed essere in tutto simile, ad eccezione del portico. Alla chiesetta di san Giacomo, cosi´ come la vediamo ora. Nel 1596 il visitatore mons. Luigi Bossi dice che il campanile sta sulla parte settentrionale di detta chiesa ed e ´a forma di torre. (Cazzani-supra pag. 67).
Tra il campanile, lato ovest e lo stesso lato del campanile visto pero´dall´interno della chiesa vecchia, vi e´una intercapedine sul fondo della quale si intravede il muro originale della vecchia chiesa con un bellissimo fregio che si richiama agli stessi fregi del campanile romanico.
Questo ritrovamento e´stato fatto da don Angelo Cassani e permette di stabilire coevita´romanica fra campanile e chiesa vecchia.
Il campanile, descritto gia´nel 1596 come “Turris”, era stato costruito con pietre ben squadrate, non con i sassi di risulta del disboscamento come per la chiesa vecchia, pietre che molto probabilmente i benedettini di Sesto avevano fatto recapitare qui dal porto lacuale di Angera, proveniente dalle valli dell´Ossola.
Il motivo di questa costruzione, che supera le necessita´ della popolazione locale, ma che e´integrata in una rete di campanili e torri romaniche sopradescritte, era legato alla necessita´dei vescovi di Pavia di esercitare e controllare la propria influenza attraverso una rapida diffusione di messaggi con segnali acustici di giorno e luminosi di note.
A quell´epoca era il vescovo di Pavia che dall´abbazia di San Donato controllava i traffici fluviali del Ticino e del porto lacuale di Sesto, ed esercitava la sua influenza su Arsago.
Traggo queste considerazioni proprio osservando il comune uso del mattone di cotto e dei fregi, sia nelle finestrelle monofore del campanile di Jerago, che nell´abside della navata settentrionale di San Donato.