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Luoghi caratteristici di Orago: la cascina Molinello

la Madonna della cascina Molinello, come appariva negli anni ’90
dettaglio della Madonna con bambino
il Crocifisso della Cascina Molinello

Curioso episodio di rivalità conteso fra Orago e Solbiate

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La Cascina Pilatello

( ricerche Anselmo Carabelli  redatte in data 1-8-2010)

Un toponimo raro, ma non unico in pianura padana ed in Italia, che gli studiosi vogliono faccia riferimento al pilastrello, cioè al miliare romano che da noi  doveva segnare, l’antica via, di epoca romana nota col nome di  [1] Comum Sivrium Novaria (foto qui sotto di ipotesi viaria)

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La definizione del tracciato di tale via ha impiegato diversi studiosi e fra di essi:  P.G.Sironi[2] , Giliola Soldi Rondanini[3] , Carlo Mastorgio [4].

Si può vedere sul ballatoio del primo piano di detta cascina (foto qui sotto)

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una immagine mariana di ottima fattura, anche se un poco deturpata dal tempo e dall’incuria, che rivelava per iconografia e ricchezza del disegno un’ opera del 1500 rappresentante una Madonna in trono col Bambino,  tra due personaggi, un pastore con pecora sulle  spalle ed un personaggio recante doni in una coppa d’oro che farebbero pensare ad una Epifania di N.S.  La scena é molto complessa, anche se  similare alla  Madonna in trono del Molinello (Molino Isimbardi al confine tra Jerago Orago e Solbiate) ( foto di raffronto qui sotto).

Raffronto Cascina Molinello Cascina Pilastrello

Quale significato storico si può  attribuire a quel segno. Secondo Carlo Mastorgio il toponimo Pilatello viene da una traslitterazione di pilastrello (sono note le immagini  sacre della Madonna del pilastrello in  una chiesa romanica del X secolo a Cinisello Balsamo in corrispondenza del V° miliare  da Mediolanum per Comum e il toponimo di Pilastrello  sempre con immagine sacra di una cascina al miliare della strada alzaia del naviglio pavese nei pressi della località Badile di Zibido San Giacomo. Si può ancora far riferimento alla immagine mariana sacra della Madonna del Pilastrello a Vimodrone).

Per capire l’origine del toponimo bisogna rifarsi alla tradizione cristiana delle origini.  L’anno 40 dopo Cristo, vede nella zona di Saragozza ( lat. Caesaraugusta- arab. Saraqustah) in Spagna,  San Giacomo il Maggiore impegnato nella conversione delle genti ispaniche. Deluso dai risultati negativi della sua predicazione San Giacomo è in procinto di rinunciare, quando Maria, che  ancora vive a Gerusalemme, gli si presenta di persona in maniera prodigiosa per rincuorarlo, proprio lì a Saragozza. Il Pilar, da cui nascerà il culto della Vergine del Pilar, è il miliare o colonna in alabastro sulla quale Maria avrebbe posato i piedi in quella occasione, lì San Giacomo avrebbe eretto il primo e più antico santuario mariano.

Quindi i primi cristiani che  si muovevano lungo le direttrici delle antiche vie consolari, quando il culto cristiano fu riconosciuto pubblicamente, presero l’abitudine  di posare  su alcuni miliari romani una statua della Vergine, a ricordo di quel fatto prodigioso.  Naturalmente col passare dei secoli si perde questa memoria, ma rimangono le immagini sacre mariane dei pilastrelli-pilatelli e quando nascono le cascine ci si preoccupa di sostituire il miliare e la statua mariana con un affresco sempre mariano. Questa dovrebbe essere l’origine del toponimo, di Pilatello o pilastrello, attestato dalla sacra immagine affrescata. Se questa é l’origine antica, il culto specifico della Vergine del Pilar fu diffuso dagli spagnoli in tutto il mondo ed anche nelle nostre terre, dove per due secoli (1500-1600) si ebbe l’influenza e la presenza  spagnola. Il  fatto curioso e ritenuto strabiliante fu che la data della scoperta dell’America 12 ottobre coincise con la data della festa per la Madonna del Pilar a Saragozza.

[1] Strada di collegamentio romana tra Como, il Seprio e Novara

[2] In atti del convegno su “Archeologia e storia nella Lombardia pedemontana occidentale” – Varenna, Villa Monastero  1-4-1967

[3] In atti del convegno su “Cairate e il Seprio nel medioevo” – Cairate, Monastero di Santa Maria Assunta  16-17- maggio 1992

[4] Breve biografia di  Carlo Mastorgio: nato ad  Jerago 15-11-1942- morto ad Arsago  19-12-1997. Fu studioso appassionato della storia del territorio, archeologo, archivista, conservatore archeologico del Museo  della Società Gallaratese di Studi Patri. Operò a  vari scavi in Castelseprio, sotto la guida dell’allora Sopraintendente archeologico per la Lombardia Mario Mirabella Roberti. Apprezzato  per serietà scientifica, diresse ad Arsago lo scavo della necropoli longobarda della via Beltrami recuperando 283 tombe. Si dedicò con passione alla nascita del Civico museo archelogico di Arsago, inaugurato nel 1983 , di cui divenne conservatore fino alla prematura morte nel 1997. Alcuni suoi scritti scientifici e saggi, sono conservati:  presso il  museo Biknell di Bordighera- Fondazione Lamboglia, presso la Società Archeologica Comense, presso i fondi speciali della Biblioteca Luigi Maino di Gallarate. Tra  questi ricordiamo una ritrascrizione della:  “Cronaca di Gallarate dal 1830 al 1881 manoscritto di Gaetano Pasata- macellaio”. Per Jerago ed Orago con Turri e Dejana ha rinvenuto materiale romano dell’epoca Claudia e balsamari, specchi di argento su fondi di capanna e materiali fittili, glans (proiettili legionari da fionda) – che sono visibili presso il museo di Gallarate “Convetino”;  ha rinvenuto formelle esagonali provenienti da una officina di mattoni della Via G. Bianchi. Nella teresiana località ad Fanum- Dialett. a fan ha intuito la presenza  del  famoso tempio di Jerago. Ha studiato con passione la storia di Orago. A lui si deve una  ricerca sulla famiglia Lampugnani, poi Bonomi, nel quadro delle vicende sul salvataggio della statua di San Giuseppe nei prati di Orago (oggi al Giambello). Per Don Angelo Cassani ha dato il primo autorevole riconoscimento scentifico alla romanicità del Campanile di San Giorgio, pubblicando le sue osservazioni in Raccolta di Appunti e Note in occasione della inaugurazione dell’opera restaurata -Jerago 8 ottobre 1991. Ha fatto parte della Commissione cultura e storia locale (voluta dal comune di Jerago con Orago, con la presidenza dell’Ing Gaetano Bruni) contribuendo con le sue segnalazioni al salvataggio di  opere e manufatti antichi  quali: – l’affresco mariano (fortunosamente recuperato)  oggi visibile al centro anziani don Ghiringhelli, – la Colonna tardo Antica della cascina Marazzi (salvata con l’interessamento della Sovraintendenza) e l’affresco mariano della cascina Pilatello; l’affresco della cascina Molinello – il Crocifisso della Cascina Molinello. Negli anni settanta ha  operato perchè l’antica chiesa di San Giorgio in abbandono, non fosse distrutta, rallegrandosi e caldeggiando con conferenze ed articoli gli interventi di recupero di don Angelo Cassani sul Campanile e sulla chiesa antica.    In collaborazione con lo scrivente, Anselmo Carabelli,  ha  preconizzato, sulla base di studi di archivio, l’esatta ubicazione della antica chiesa di San Giorgo del VII sec. Confermata dai successivi scavi.  A lui si debbono libri sulla storia di Arsago, di Carnago, di Sumirago ed una collaborazione con Mons. Eugenio Cazzani, appunti sulla storia antica di Jerago e di Crenna.

Curioso episodio di rivalità conteso fra Orago e Solbiate

Di una difficile attribuzione di confine tra Orago e Solbiate Arno, conservo la memoria di un significativo episodio, che debbo al racconto dell’indimenticabile Canonico Don Alberto Ghirighelli, parroco di Orago. Dalle sue ricerche di archivio era emerso che, un abitante del Molinello, assiduo fedele della chiesa di San Giovanni, quando venne a morire, manifestò il desiderio che le sue esequie e la sepoltura fossero tenute nella Parrocchiale di Orago. Ma, al momento della funzione, al Molinello si presentarono due cortei funebri: quello di Solbiate, che reclamava il diritto alle esequie e  non voleva sentir ragioni diverse, quello di Orago, che vantava l’ottemperanza alle ultime volontà del defunto. I solbiatesi non mollarono nelle loro pretese e presidiarono il portone. Gli Oraghesi,  con l’aiuto dei parenti e con astuzia, riuscirono a prelevare la salma facendosela calare con le funi, direttamente dalla finestra della camera del defunto sul sottostante prato, nascondendola poi nel corteo che aveva dato l’impressione di rientrare in Orago a vuoto.

 

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