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ul Campanin Rumanic da San Giörg

foto di Francesco Carabelli

In dul an dul Nost Signur          

milneuvcéntnuvanta e vun  

sin mitù a suna’ anca lur      

i campan da sto Cumun              

I sentivum pù canta’     

i fasévan pù ” din don ”           

vidéi gio’ in mèza al prà       

l’éra na désulazion                

An  duü tirai giò inséma            

parché éan périculus                

Don Lüis gavéa un patéma            

a vidéi li’ sanza vus              

Ma pérò la züca düra                

dul Don Angiul e d’Jéraghés        

una  Tur da gran fatüra            

han ridài a sto paés               

“Bèla roba! và sai fan!”            

a diséa cèrta gént                 

“sa peu viv senza campan!!!        

i duarian fa un bèl niént”         

“Sto marsciön d’un campanin!       

a lé tut da büta’ gio’…          

a lüstral cume un füsil            

in invece dré anca mò”              

Par furtüna che ai bàban                 

quèi balos g’han dài mia trà        

al Cüräd gh’han dài na man            

ghé andài inanzii i laurà            

Però adès che hann vidù’

ca ghèm chi na méraviglia    

i cipisan quasi pù      

ghé cambiäda la quadriglia”

Cunt un mücc da vulunta’             

tanta bona e brava gént

han scuprì na rarita’

a partì quäsi da niént!                                                   

Mo che ul campanin l’é li’

drizz in tüt ul so spléndur

végh un monumént inscì

lé par tüc un grand unur

n’han parlò fin süi giurnäi

tant le’ vec e tant l’è bèl

fa na copia écéziunäl

mitù inséma al nost Castèl

Finalmént quand ghé na fésta

quand g’avèm d’andà in gésa

o a na cérimonia mèsta

quand na copia la sa spusa.

séntirém sunà a distésa

opür trista na campana.

la ga ciamarà a surprésa

fin che Dio al ga mét a nana.

Poesia scritta da Cesare Ferioli in occasione del restauro del campanile di San Giorgio in Jerago nel 1991 (versione tratta da Anselmo Carabelli con Enrico Riganti, Le ricette della nonna. Cucina, usi espressioni, attività, feste religiose nella vita di un borgo dell’alto milanese tra il 1800 e il 1940, Collana Galerate, Tipografia Moderna, Gallarate, 2000)

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 I fungiat da raza  

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Poesia scritta da Cesare Ferioli (versione tratta da Anselmo Carabelli con Enrico Riganti, Le ricette della nonna. Cucina, usi espressioni, attività, feste religiose nella vita di un borgo dell’alto milanese tra il 1800 e il 1940, Collana Galerate, Tipografia Moderna, Gallarate, 2000)

Quand l’Autun lé dré rivà               “A lé mat me car Giuan  

in paes a va in pé                         butal via se no te crepat

un téribil gibilé                               ma va pian parchè tel scèpat

par i sträd e par i cà                      métal là visin i ruan

              

E la causa dul frécass                  Chi sà mäi che un quéi..asnin

Dul vusà e dul risià                        da la vista un pù aquilina

lè la sfida ca sa fà                         sal ga dà na guardadina

fra i fungiat da tut i rass                a la ciapa pan vérnin “

 

Propri inscì e tut parché                Tra na bàla e na fumäda

in paés ghe tant bausciuni            pasa ul temp e niént sa cata

che sa disan “gran catuni”            a lé na sfurtuna mata !

ma che i catan cui…dané.             bataran. .un’ ältra sträda

 

L’aventüra la incumincia               “Sa pò nò andà cà senza

ai ses ur du la matina                    che figüra la sarìa

quand cunt cest e merendina       andem giò da la Maria

i van tücc feura pruvincia              che i a véndi cun cuscénza”

 

Ghé‚ chi va in Val Furmaza         Guärda un pu che gran catäda

chi a Magiura e chi a Suliva         disaran qui du la piaza

e chi va in…Cupérativa                 “Quisti a in fungiat da raza!

a svuià na bèla taza                      in i re da la cunträda”

 

Dopu un’ura o giò da là                E inscì finis in gloria

rivan a déstinazion                       un dì négar e fadigus

métan sù giaca e culzon              ma un quei vun un pù curius

e sa butan a cercà                       andrà in fond…da tut a storia.

                

Sgärla mi e ruga ti        

sota al brug e in dul buscon     

“a lè matt opùr lè bon?”

a sa disan lì par lì

 

                   Cesare Ferioli

 

Cesare Ferioli ha tratteggiato quelle avventure nella poesia, pubblicata originariamente su: “Jerago Rassegna di vita cittadina” nel 1967

 

Traduzione della poesia dialettale “I fungiat da raza”: quando arriva autunno, a Jerago si accende un terribile fracasso, per le strade e per le case. E la causa di questo vociare e dei litigi é la sfida che si ingaggia tra i raccoglitori di funghi delle varie fazioni. Proprio così e tutto da imputare al fatto che a Jerago vi sono anche dei millantatori, che si dicono grandi raccoglitori, ma che raccolgono grazie… ai soldi. L’avventura comincia alla mattina verso le sei, quando col cestino e con i panini, tutti si recano fuori provincia. C’è chi va in Val Formazza, chi a Maggiora e chi a Soliva, ma anche chi.. va in Coperativa a svuotare una bella tazza di vino.  Passa un’ora circa e arrivano a destinazione. Indossano giacca e calzoni alla zuava, poi si buttano alla ricerca. Rovista e ribalta le foglie tra l’erica e le felci. E’ matto o è buono? Mio caro Giovanni è velenoso, buttalo via che muori, ma va piano non spaccarlo, mettilo là vicino alle carrarecce del sentiero. Fosse mai che qualche asino patentato dalla vista d’aquila non lo scambi per un Boleto se lo guarda un po’ di fino. Così tra una frottola e una fumatina, passa il tempo e non si raccoglie alcunché. Bisogna prendere un’altra direzione.  Però non si può andare a casa senza. Sarebbe proprio una figuraccia, andiamo giù nella posteria della Maria che li vende e non si approfitta per il prezzo.. ! – (arrivati in piazza e aperto il baule della macchina n.d.r.) – Guarda un po’ che raccolta, diranno esterrefatti quelli della Piazza. Questi sì sono i veri fungiatt, sono i migliori della contrada. Così finisce in gloria una giornata nera e faticosa. Ma qualcuno un po’ curioso andrà al fondo di questa storia.