
Con don Angelo, va un pezzo della mia vita. Ho capito, vivendogli accanto nella quotidianità delle cose e degli avvenimenti che l’appartenenza religiosa, non può essere formale, ma è vita quotidiana, dove non necessariamente vi è bisogno di eroismo, ma è il misurarsi diuturno con una realtà alla quale devi dare una risposta da cristiano. Non si vivono due vite, una per la Chiesa ed una per il mondo. Si vive una vita unica che rende testimonianza in modo naturale della preziosa eredità di fede dei tuoi maestri. Dove per maestri riconosci tutte le buone persone, partendo dai tuoi genitori, dalla maestra delle elementari, dai professori a scuola, dai santi sacerdoti, da chi ti ha insegnato un lavoro; coloro cioè che ti hanno educato e ti sono stati amorosamente vicino nella tua vita di famiglia, e speri che a tua volta tu possa essere di aiuto per qualcuno, ma delicatamente senza la pretesa di esserlo per forza. Tutto questo puoi scoprire, se hai la fortuna, come è successo a me di vivere accanto a Don Angelo, perché ti accorgi che la motivazione della sua vita è l’appartenenza a Cristo ed alla Chiesa. E allora poi capire anche che il non ribellarsi alla malattia, come ha fatto lui e come ha aiutato tanti ad accettarsi malati, altro non è che la grande familiarità con Cristo Dio e uomo, la cui natura umana è passata attraverso la sofferenza del calvario, senza ribellione, elevando gli uomini tramite la croce alla dignità di figli di Dio. Ecco la preziosità della sua vita in mezzo a noi, ad indicarci sempre e costantemente il rispetto per il magistero della Chiesa che custodisce questi autentici insegnamenti e l’insistenza nell’affidarci alla Madonna come via sicura ed aiuto per la nostra salvezza.
Per don Angelo che ci è stato padre spirituale, m’è caro ricordare un passo dell’ecclesiastico che parla dell’educazione dei figli e recita”
Morto il padre
Non pare neppure ch’ei sia scomparso
Poiché ha lasciato dietro di sé
Un figlio che gli somiglia
E potremmo ben pensare di essere sui figli spirituali
Mi chiedo quale importanza abbia avuto l’incontro con Don Angelo e penso che esso sia valso a riscoprire ed a rinnovare l’entusiasmo della mia vita cristiana. Lui avrebbe detto: quel gusto di vita nuova. Più volte infatti, prima di incontrarlo, mi ero chiesto se con il diventare adulto non si fosse stemperata la mia natura di cristiano, nel mare immenso delle cose da fare, la vita di famiglia, l’impegno costante nella educazione dei figli. Ecco ebbene tornare a riconoscere la presenza di Gesù nella tua vita quotidiana tutto questo è stato merito di Don Angelo. Perché la vita del cristiano non è la vita del musone, dello scettico, ma è la vita di uno che sta nel mondo, ma non è del mondo, che è amico, è compagno di strada, ma non è compagno di baldoria, sa anche correggerti e non ha paura di perdere la tua amicizia se questo vuol dire scendere a compromessi con le proprie idee. Vi è un momento interessante che è la testimonianza, che devi rendere ai tuoi principi cristiani e questo a costo delle tua convenienza. Ho imparato questo anche dalla conversazione con Don Angelo, che se operi del bene, non lo fai per un ritorno, anzi molte volte coloro che tu hai aiutato sembrano irriconoscenti, ed allora soffri, ma capisci che li sta la bellezza dell’essere cristiano, perché a tua volta, senza accorgerti puoi essere irriconoscente e fare soffrire qualcuno, ma vi é come una circolazione nelle opere buone, perché riceverai del bene da persone che neanche te lo immaginavi e allora capisci che il cristianesimo ha trasformato il mondo e lo Spirito Santo vive nella Chiesa che è fatta di uomini. Ecco don Angelo mi ha fatto riflettere sugli gli episodi che avvengono intorno a te che ti sei sempre ritenuto un uomo razionale, che vogliono essere letti alla luce di una trascendenza che non è irrazionale, è compatibile con la razionalità ma la supera. Ricordo che quando ci si addentrava in speculazioni che paiono superare le nostre stesse possibilità cognitive un altro don altrettanto importante per me, don Carlo Costamagna, compagno di seminario di don Giussani, era solito affermare, che non ci si preoccupasse perché a tutti i nostri dubbi la chiesa aveva già dato risposta. Si perché initium Sapientiae timor Domini. Ciò che valeva per i nostri vecchi vale anche per noi. Potrai essere anche diventato ricco o sapiente nel senso degli uomini, ma se perdi la fede in Dio che sapiente saresti? Del resto quando guardi Papa Ratzinger immediatamente capisci tutto questo, esso è l’intelligenza personificata, la semplicità ma è anche l’uomo di fede e quindi tutte le persone che vogliono sbeffeggiarlo, fanno solo ridere e piangere nel contempo sulla loro pochezza paludata di volgare saccenza.
Ma in cosa si era distinto Don Angelo è sicuramente una bella domanda che richiede una meditata risposta.
Era un uomo estremamente colto e come tale sicuramente desideroso di testimoniare il cristianesimo nella sua attualità, in un mondo che solo in apparenza pareva essere lontano da Dio. Un mondo che era passato da una profonda religiosità, subito dopo la guerra a una profonda crisi, in quella parte del mondo dove proprio erano stati sconfitti paradossalmente tutti i portati della guerra, la miseria in primis.
Una società benestante si era affacciata alla vita e lentamente si stava allontanando dai valori cristiani che per millenni avevano indirizzato l’umanità dell’occidente, fino ad arrivare all’attuale rifiuto delle radici cristiane dell’Europa. Supportata in ciò da quel relativismo filosofico che comunque era frutto dell’ateismo scientifico di radice marxista che aveva fatto breccia anche presso i cristiani. Sono profonde ferite, delle quali ti accorgi anche presso le nostre piccole comunità. Il dubbio sistematico che filtra anche nelle nostre riunioni, non capisci se per mero spirito di polemica, di falsa saccenza o se condiviso realmente. E’ chiaro che questa specie di scetticismo può arrivare a considerare l’appartenenza quasi una convenienza ad appartenere, più che una convinzione. Tutte quelle letture, ma anche programmi televisivi, che ad occhi non sufficientemente preparati, paiono mettere in crisi la radici stesse della nostra fede hanno accoglienza attenta presso i nostri. Letture che raramente vengono sottoposte ad un giudizio, che richiederebbe una spiegazione, un giudizio critico ed una confutazione, sono solo timidamente segnalate e passano nella convinzione della gente, come se i credenti fossero dei minus habens, cioè dei poveri ignoranti. L’essere sempre scettici, da parte di alcuni era sicuramente fonte per Don Angelo di molte sofferenze. Ma egli si rendeva conto e ci insegnava che lo scetticismo ed il relativismo, così come la possibile deriva di strumentalizzazione del cristianesimo erano le cose più dannose se tollerate, ed egli infatti non le tollerava .
Ecco allora che l’appartenenza agli organi consultivi della piccola chiesa locale era per lui occasione di insegnamento, infatti faceva precedere sempre ad ogni riunione una aspetto catechetico. Che, con l’andar dei giorni, finiva col far maturare nella comunione della conoscenza, le persone chiamate a svolgere questi compiti. Era una maturazione che fu assai difficile raggiungere, in prima istanza, perché tali organi venivano perlopiù interpretati come un piccolo parlamento. Dove l’arricchimento e la maturazione comune erano postposte alla necessità di sentire accolte le proprie idee. E quindi non poche persone si erano allontanate per mancanza di condivisione. Ma altre si avvicinavano e così la vita di questa piccola chiesa si arricchiva. Ma ciò che più rendeva completi era quel vivere in armonia tra noi, che ci faceva sentire e gustare veramente il senso di appartenenza a Cristo ed alla Chiesa, lontani anni luce dal desiderio di prevalenza. La vita di un sacerdote è così preziosa che è un dono ed un onore veramente poterla accompagnare anche per un breve tratto di strada. E ti accorgi di tutte le attenzioni che esso versa sugli altri e verso i malati per primi e verso coloro che sono stati meno fortunati. Per Don Angelo la persona conta per ciò che è non per ciò che fa, in ognuno si intuisce il volto di Cristo e a lui non deve mancare la certezza di una attenzione particolare.
Egli ci aveva fatto capire che la vita tra cristiani doveva ispirarsi alla vita di Cristo, dove amore doveva regnare fra tutti noi, stima e aiuto fraterno.
Ecco se raffronto questo insegnamento agli ultimi periodi della vita di don Angelo ringrazio ancora Iddio di avermelo fatto incontrare, perché mi ha fatto capire con la sua testimonianza tutto questo. Il sacerdote che vive con la sua gente lo devi vedere come colui che compie un cammino con te e quando gli viene meno la salute, si fa malfermo esso è ancora tuo padre, spirituale, è colui che testimonia in modo diverso ciò che ha sempre testimoniato nella efficienza della sua vita. Come appaiono strani e lontani gli inviti di coloro che conoscendo la tua posizione nella parrocchia, ti invitano a preoccuparti perché un sacerdote più giovane possa prenderne il posto. Forse perchè ti da fastidio raffrontarti con la sua malattia, forse perché ti da fastidio che alcune, brave persone si occupino della sua sofferenza, e lo aiutino ad accogliersi malato, come lui aveva aiutato tanti altri ad accogliersi malati e a condurli al grande incontro senza ombra di disperazione, ma con un filo di tristezza, quella sì, perché questa certamente è veramente nella natura dell’uomo. Lo vai ad incontrare e vedi che il Crocefisso gli è di fronte, costante riferimento alla sua meditazione ed aiuto nell’affrontare dolori insopportabili. E preghi con lui perchè questa sua sofferenza sia di merito a tutti noi. E la chiesa in quella piccola ma accogliente casa, che è più consona alla sua capacità limitata di movimento è viva come ed anche più di prima, quando era nel pieno vigore delle forze. Quella messa del suo anniversario condotta e concelebrata da un sacerdote nigeriano e lui al centro della mensa, sulla carrozzella è forse per me la grande rivelazione della sua immensa fede e ti rendi consapevole che Cristo e lì presente nella transustanziazione, in un una Chiesa che afferma la sua universalità tra passato e presente, dove i nuovi cristiani aiutano ed insegnano ai vecchi, il tutto in una gioia che il mondo non capirebbe se non conoscesse il miracolo della universalità della Chiesa e della comunione dei santi.
Caro Don Angelo ripenso alle conversazioni che spaziavano sulla nostra vita di cristiani che non si negano al mondo. Un mondo fatto di carne, di dolori, di gioie ma sempre con la presenza di Cristo, che si è fatto uomo per condividere con gli uomini la loro esistenza e guidarli. E quanti campioni di cristianesimo additavi alla nostra attenzione. Come appariva lontano da te e da noi quel fare per fare, che non significava nulla se poi perdi la ragione stessa della tua fede. Quante sofferenze accoglievi e portavi su di te e raccomandavi alla preghiera, nulla di quello che vedevamo fare era dovuto, ma tutto era richiesto dall’amore che portavi a Cristo, ed alla sua Mamma.
Certo ora mi rivolgo a te caro amico perchè tu possa aiutarci con le tue preghiere e con la tua guida.
Ma ho capito nel prosieguo dei giorni e grazie a ciò che accade, rifacendomi ai molti colloqui intercorsi, molte cose. Quante volte il cristiano che sta facendo un percorso di sincerità viene fatto oggetto di odio, la scelta del cristiano è diuturna e quotidiana, non è legata ad una particolare situazione sociale ed economica o di stato, non vi è, come non può esserci, una posizione sociale privilegiata per essere cristiani, e qui animati da una comune ammirazione per il Manzoni avevamo riletto un passo dei Promessi sposi che parla del Cardinale Federico ”Tra gli agi e le pompe badò, dico, a quelle parole, d’abnegazione e d’umiltà, a quelle massime intorno alla vanità de’ piaceri, all’ingiustizia dell’orgoglio, alla vera dignità e a’ veri beni, che sentite o non sentite né cuori, vengono trasmesse da una generazione all’altra, nel più elementare insegnamento della religione. Badò dico a quelle parole, vide che non potevan dunque essere vere altre parole e altre massime opposte, che pure si trasmettono di generazione in generazione, con la stessa sicurezza e talora dalle stesse labbra e propose di prender norma dell’azione e dè pensieri quelle che erano il vero. Persuaso che la vita non è già destinata ad essere un peso per molti e una festa per alcuni, ma per tutti un impiego, del quale ognuno renderà conto” (Cap XXI).
Una delle continue preoccupazioni di don Angelo era quella che lui definiva la reattività. Non capivo bene il concetto ma in effetti, tradotto in pratica voleva semplicemente dire, anche se dall’esempio dei miei familiari avevo sempre ritenuto che non bisognava essere doppi, che bisognava testimoniare con il proprio sacrificio quello in cui si crede. Perciò a costo di sembrare superbo avevo sempre tenuto a difendere le mie idee, anche se questo poteva significare di inimicarmi alcune persone, non avevo mai avuto necessità di ingraziarmi qualcuno per avere dei vantaggi economici o di carriera, perché economicamente sono sempre stato autonomo, quindi mi sentivo libero nei miei giudizi ed anche nei miei comportamenti. Ma la libertà era comunque temperata da una educazione ricevuta dai miei genitori che mi hanno sempre insegnato a non abusarne.
Anche se ritengo che la libertà dalla necessità dipenda anche dagli obbiettivi che uno si pone. Se infatti gli obbiettivi sono sempre superiori alle proprie capacità, si arrischia di diventare schiavi delle proprie scelte. L’ educazione che ci era stata impartita, molto ricca di autocontrollo, anche attraverso le frequentazioni che erano del tutto naturali, l’oratorio, gli amici, il mondo che ci appariva nella sua immensa bellezza e tutto da scoprire, sempre nuovo e rinnovante gioia ad ogni novità .
La prima volta, riempie sempre il cuore e offre una sensazione di pienezza e di leggerezza. Ricordo il primo volo e la soddisfazione di raccontarlo agli amici. Ad un certo punto ti accorgi che sei solo che vorresti condividere con qualcuno il tuo mondo e cerchi una ragazza. Vorresti fare dei progetti con lei. E allora diventi irrequieto, perché non ti trovi più bene dove stai, vorresti essere dove non sei, vorresti che quella persona che ti ha colpito si accorgesse di te, ma non è facile E’ forse arrivato il momento di buttarti, ma è molto difficile rompere il ghiaccio. E allora preghi e ti affidi al Signore: benedetto l’uomo che teme il Signore e va per le sue vie, te felice , bene avrai e tua moglie vite ferace per entro la tua casa; così recita la Bibbia, e questo non può che non apparirti come una promessa. E cosi anche se picchi nasate, non disperi ed impari ad essere paziente perché la promessa, quando meno te lo aspetti, si realizzerà. E allora con la persona che conoscerai farai dei progetti assieme e cercherai di essere autentico e imparerai a non anteporre te a lei. E queste emozioni, le vivi intensamente e diventando più maturo quando la tua casa comincia finalmente a ridiventare una famiglia, perché ti sei sposato e sono arrivati i figli, rivivi le stesse emozioni che leggi nello stupore dei tuoi figli di fronte alla novità delle cose che per te erano diventate abitudinarie. Che il Cristiano, cosi come preannunciato nel Vangelo, per imperscrutabili motivi viene fatto oggetto di avversioni, cattiverie, che molte volte vengono costruite ad arte. E’ così che il cristiano condivide la stessa sofferenza di Cristo, di quella croce, per lui che era innocente e falsamente accusato, ma cosa ci insegna ciò se non il perdono. Per noi invece di perdonare i detrattori, è assai più immediato reagire ed in sostanza applicare un modo di fare umano ma non illuminato all’invito al comandamento dell’amore. Ecco dalla naturale reattività egli ci aveva portato poco alla volta alla bellezza del perdono ed all’amore nel nome di Cristo riconoscendo con stupore negli altri quel volto di Cristo, che Don Angelo aveva incontrato e che voleva fermamente che anche noi incontrassimo e riconoscessimo.
.