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Notizie Storiche su Jerago con Orago (aggiornate ad inizio millennio)

fonte immagine: wikipedia.it

Due Comunità vivono ed operano sul territorio, amministrativamente unite dal 1907 nel Comune di Jerago con Orago e formanti  le due Parrocchie di San Giorgio in Jerago e di San Giovanni Battista ad Orago.

La storia, nel suo più vasto divenire, ha lasciato tracce sicure fin dall’epoca romana con ritrovamenti di materiali fittili e balsamari in vetro, esposti presso il Museo della Società di Studi Patri di Gallarate. Notevole anche un Glans in piombo che unitamente alla citazione nel Corpus Inscriptionum Latinarum di una iscrizione a Giove testimonia la  frequentazione antica per motivi civili, militari e religiosi. Nel territorio la via NOVARIA (Comum Sibrium Novaria) incrociava la via Helvetica (Gallarate Svizzera) probabilmente in località Pilatello (toponimo, questo, legato al cippo miliare romano). La presenza nella cascina di un interessante affresco mariano rafforza tale ipotesi. Le due alture sulle quali si ergono i Castelli di Jerago e di Orago, già viscontei, oggi dimore signorili ristrutturate tra il 1400 ed il 1600, furono in origine elementi del limes del Seprio, ed in epoca medioevale divennero zone di incastellamento.

La vicenda dei Visconti di Jerago vede gli jeraghesi Andrea Visconti maestro generale dell’ordine degli umiliati; Pietro Visconti podestà di Bergamo dal 1357 al 1359 e di Cremona dal 1372 al 1399; Giampietro Visconti, abate di S. Abbondio a Como nel 1460; Antonia Visconti, moglie  in prime nozze di Francesco Barbavara  (primo cameraio di Giangaleazzo Visconti) e, in seconde nozze nel 1517, del Carmagnola (uomo d’arme di Giangaleazzo e poi della Serenissima).

La chiesa di San Giovanni ad Orago reca testimonianze “in cornu evangeli” di un arco di fattura trecentesca, che richiama il Chiostrino di San Franceso in Gallarate (che aveva benefici in Orago ed era in prossimità della porta Helvetica). Il nome di Orago appare su una mappa della Sala delle Carte Geografiche in Vaticano.

Più visibili le tracce del periodo medioevale nella parte romanica del Campanile della restaurata Chiesa di san Giorgio  in Jerago (X sec) e nella Chiesa di San Giacomo (XI sec).

Le due frazioni, nel corso dei secoli si sono integrate molto più di quanto il campanilismo abbia potuto di fatto dividere. Le località del Giambello e del Mulinello di Orago, avvalendosi del pressocchè costante fluire dell’Arno nel canale che prende il nome di Arnetta, si sono specializzate nell’attività molitoria fin dal 1500, mentre a Jerago, nella parte alta del paese si sviluppava la coltivazione dei cereali meno nobili. In Località Vignolo e Bacino si possono  ritrovare ancora ampie terrazzature attribuibili alla influenza dei Monaci benedettini di Sesto C, mentre in località Moscone si possono ancora riconoscere delle peschiere, che come ricorda Bonvesin Da la Riva, permettevano di portare quotidianamente pesci freschi dalla valle dell’Arno fino a Milano.

A Jerago sono da ascivere attività di officine di mattoni e laterizi fin dall’epoca romana. Dal caratteristico colore rosso chiaro: formelle visibili al museo di Studi Patri, embrici e sospensure inseriti a decoro nel Campanile Romanico di San Giorgio.

Così fu che le prime attività industriali in senso assoluto (1835) furono le fornaci per mattoni da attribuire alla libera iniziativa di G. Bianchi.  Le stesse attività laterizie erano già presenti artigianalmente fin dal 1727, poiché buona parte del territorio collinare risultava adibita alla coltivazione di cave di argilla per la costruzione di mattoni, previa ibernazione (così come è rilevabile da catasto Teresiano).

Nel 1900 nascono con l’avvento dell’energia elettrica le prime officine meccaniche (Sessa-Rejna), cui seguiranno industrie tessili e di mobili e articoli casalinghi in legno, e bilancie e ultime le fonderie di leghe leggere (Liasa). Attività favorite dall’avvento della moderna civiltà dei trasporti su ferro e su gomma.

Ad Orago, sede di stazione ferroviaria e di casello autostradale si è evidenziata negli ultimi decenni  una forte vocazione industriale, mentre in Jerago è prevalsa quella residenziale.

All’archeologia industriale consegniamo : gli Uffici della ditta Rejna; le Casermette (mieten Kasermen); la Caserma; le ville del direttore e degli impiegati Rejna; la struttura verticale dell’officina di bilance di Ambrogio Macchi; il complesso della ditta Liasa (officina – uffici – residenza del direttore); i capannoni a shed della tessitura A. Carabelli; il complesso della Società Cooperativa di consumo; i capannoni della ditta Sessa, oggi Biganzoli.

Feste Patronali

JERAGO MADONNA DEL CARMINE  14 luglio

Orago  San Giovanni  26 giugno

Monumenti

Castello di Jerago 1400

Chiesa di San Giacomo XI sec

Campanile Romanico di San Giorgio Vecchia X sec

Chiesa di San Giorgio Vecchia in restauro conservativo sec. XV con partic X

Sopralzo del campanile Romanico Barocco XVII sec

Chiesa di San Rocco Jerago 1600

Edicola della Deposizione Affresco pittura lombarda

del XVII sec  ottima fattura influenze bustocche

Jerago via Garibaldi

Cappella funebre Bianchi (Tantardini dal neoclassico alla scapigliatura)

Jerago Via Rimembranze

Caserma e Casemette  Edilizia industriale fine 1800

Jerago via Dante

Edicola della Madonnina affresco popolare 1600

Jerago via G.Bianchi

Castello di Orago 1500

Scalonata Barocca di accesso al Castello di Orago 1700

Chiesa di S. Giovvani Battista XVii sec. aggiunta contemporanea

interno con archetto XIV sec

Statua di San Giuseppe Orago località Giambello sec XVIII

Colonna Monolitica Tardo Antica sec IV  inserita nella

cascina Marazzi  Orago via Kennedi 8

AMBIENTI NATURALISTICI

Bosco Inglese Parco 1700  Jerago località Castello

Mont Mouscon

Querceto inserito nel percorso vita località Mont Mouscon

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La storia letta nei nostri monumenti

La forte industrializzazione che ha caratterizzato gli anni successivi alla seconda guerra mondiale ha compromesso molto la visibilità e la stessa esistenza delle vestigia antiche, sia naturalistiche che monumentali che caratterizzavano il nostro territorio; gli anni sessanta del secolo ventesimo hanno coinciso con una sistematica distruzione di tutto quanto anche vagamente ricordasse un passato povero, pericolo dal quale anche oggi non siamo purtroppo esenti, con l’affannosa ricerca di aree edificabili che rischia di annullare quel poco di verde rimasto.

Solo la presenza di Enti e persone amanti del bello e della storia, riuniti anche in associazioni: la Società Gallaratese di Studi Patrii, le pro loco, sensibili  alla conservazione degli antichi cimeli,  hanno permesso di conservare e di salvare a futura memoria molte vestigia antiche ed interi monumenti, ed in questo elenco di volonterosi  non si ignori il grande impegno di molti uomini di Chiesa e delle Parrocchie.    

L’identificazione dei monumenti, il recupero, la conservazione, lo studio degli stessi, rappresenta il modo immediato di avvicinare il pubblico alla conoscenza della propria storia e delle proprie radici cristiane.

E’ pure necessario saper suscitare interesse verso quelle iniziative attraverso l’apertura al pubblico degli stessi monumenti e, con  una guida sapiente alla loro fruizione,  rinnovare  l’entusiasmo che permise l’inizio di molte avventure, artistiche, archeologiche, naturalistiche e culturali, ad esse associate  e  trasmettere alle future generazioni  l’amore per il nostro territorio .

La chiesa di San Giorgio Restaurata in Jerago è un esempio di queste attenzioni ed anche il Parco della Valle del Boia nacque come percorso natura con l’ottica di conservare un ambiente naturale fra i comuni di Besnate, Jerago con Orago e Cavaria con Premezzo.

 

Brevi cenni sulla Chiesa restaurata di San Giorgio in Jerago.

La chiesa come appare oggi è il risultato del restauro iniziato nel 1990 per iniziativa del parroco don Angelo Cassani, col consolidamento e recupero del Campanile, rivelatosi in corso d’opera Romanico, con il successivo  recupero dell’aula, così come appare oggi, e con il recupero del battistero e degli affreschi. 

La chiesa come  si può costatare è priva di ogni arredo sacro, perché dismessa all’uso del culto negli anni 20 del XX sec., col trasferimento degli stessi nella nuova parrocchiale. Da quegli anni comincia il degrado. Prima utilizzata come oratorio e aula di teatro e cinema parrocchiale, negli anni tra le due guerre, poi completamente abbandonata, con l’edificazione del nuovo oratorio e Auditorium, nonché della nuova canonica.

Un unico complesso parrocchiale di impianto sette-ottocentesco composto di: chiesa, campanile e canonica, con annessa cascina,  per la sussistenza del parroco, con equile per il cavallo e torchio di pigiatura delle uve e cantina; fu abbandonato al degrado. Scomparirono per demolizione la canonica e le cascine; negli anni sessanta, rimasero in attesa del loro destino: la Chiesa, detta vecchia, col tetto ormai sfondato e cadente, il campanile pericolante e privo di campane, che nel frattempo erano state posate a terra perché inagibili all’uso.

Si può ben dire che osservare ora questo monumento di Chiesa antica e Campanile ancora funzionante, rimessi in ordine e fruibili è fonte di grande soddisfazione. 

Un campanile prima ritenuto settecentesco si è rivelato, agli  esperti, di costruzione  millenaria.  Il pensiero che dall’alto di quella torre, oggi non più accessibile, per evidenti motivi di sicurezza, si possa osservare lo stesso spettacolo di alpi ammantate di neve che si offriva a chi mille anni prima si fosse trovato nelle stesse condizioni di luminosità e di clima, beh questo è veramente impressionante e straordinario.