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Tengo famiglia

Mi capita assai spesso di incontrarmi, anzi direi di scontrarmi con persone che fanno piovere dall’alto la loro competenza o presunta tale e,  siccome poni delle domande semplici alle loro elucubrazioni, praticamente ti fanno capire che tu sei ormai di un’epoca superata. Che si certe cose anche se sostanzialmente giuste, andavano bene una volta ma oggi e´ necessario aggiornarsi.

Allora mi sono chiesto sarà pur vero che sono maturato, meglio invecchiato, ma hanno poi ragione queste persone, che peraltro mi sembrano altrimenti ragionevoli e dotate di una intelligenza media così come tutti ne siamo dotati.

Per rendere esplicito il titolo, tengo famiglia è il motto di chi, pur non comportandosi in modo lineare coi principi che professa o che in altri momenti ti ha espresso, deve scendere a patti con la necessità di guadagnare (non son per altri un manzoniano che tiri quattro paghe per il lesso), appunto perché la famiglia possa permettersi i lussi che lo status del capofamiglia non consentirebbe concedersi.

Vorrei utilizzare uno degli argomenti  che quando ero studente il mio professore di storia  e poi di sociologia  utilizzavano per spiegare il motivo della  fossilizzazione  di alcune società rispetto ad altre nella fattispecie, la società cinese. Essi attribuivano la responsabilità di questa arretratezza  al modo di esprimersi grafico, l’alfabeto. In sostanza una società che si esprime in ideogrammi, cioè simboli, facilmente riserva la comprensione di uno stock di essi  a  un numero sempre più limitato di persone, creando una stratificazione sociale in classi che non sono permeabili fra loro, perché divise dalla comprensione del linguaggio scritto, dove addirittura si inibisce alle classi basse la comprensione del simbolo grafico della classe superiore).

Diverso è il mondo moderno, direi occidentale alla cui base sta un alfabeto, il quale appreso permette la espressione di ogni pensiero, e quindi è aperto a tutti coloro che  lo conoscano senza distinzione di classe. Ecco perché l’unica distinzione sarà rappresentata dalla istruzione o alfabetizzazione.

Vi è pero nella società attuale il tentativo di arroccarsi emarginando i non addetti ai lavori, attraverso l’uso del linguaggio burocratico e del linguaggio tecnico, il quale se è vero non possa venir meno ai suoi concetti basilari che ne costituiscono la tecnica, le  cosiddette istituzioni, è altrettanto vero che non deve farsi estraneo alla comune comprensione. Perché altrimenti diventa un linguaggio per pochi intimi. E questo va bene quando le discipline divengono scienze, ma va meno bene quando esso pretende di rivolgersi a tutti  e vuole fare della tecnica una scienza. Queste sono le discipline economiche che, per quanto, interessano tutti coloro che sono produttori in questo paese.. Oggi la lettura di un bilancio, di per sé cosa semplice, diviene una tale complessità per addetti, dove anche una situazione insostenibile e di collasso, viene celata sotto i commenti di addetti ai lavori i quali appunto tengono famiglia ed hanno imparato perciò a  prostituire la loro capacità analitica alla parcelle, immemori del popolare detto che il medico pietoso fa la piaga purulenta. Ma forse lo stesso mi piacerebbe applicarlo alle prediche di alcuni sacerdoti, che anche se non tengono famiglia, usano termini così lontani dal comune sentire, che così facendo, mentre credono di essere veramente profondi, altro non fanno che esercitare le doti di pazienza dei fedeli.